Dal segretario della FNSI Franco Siddi arrivano delle interessanti dichiarazioni in ambito di liberalizzazioni: << Le liberalizzazioni stanno diventando un luogo comune, un’espressione che, per taluni, deve valere per indicare i buoni e i moderni da una parte, e i conservatori dall’altra. Chi fa questi discorsi li fa anche per i giornalisti, immaginandoli ricchi, potenti e ipergarantiti da un Ordine che sarebbe tutto da buttare. Ma la realtà è ben diversa. La liberalizzazione per la professione dei giornalisti c’è già. Non ci sono limiti all’acquisizione del titolo professionale. Il discorso cambia se si parla degli apparati dell’ordinamento e dei posti di lavoro >>
Siddi precisa immediatamente di non essere contrario ad una modifica dell’ordinamento professionale: << Non solo sono favorevole, ma ho sollecitato più volte il Parlamento in tal senso. Credo sia necessario, però, razionalizzare le interpretazioni create dagli interventi legislativi degli ultimi due Governi, volti ad una radicale revisione di tutti gli ordini professionali. >>
Per Siddi il primo punto da chiarire è che molte richieste presentate dal legislatore sono già presenti nell’ordinamento: << Non esistono limiti, né numerici né professionali, all’esercizio della professione giornalistica e la legge, fin dalla sua istituzione, non ha previsto, tra i compiti dell’Ordine, quello di definire un tariffario minimo di prestazioni >>. Il segretario della FNSI ritiene che per la sopravvivenza della libertà di stampa, sancita dall’articolo 21 della Costituzione, sia fondamentale garantire autonomia a chi esercita l’attività giornalistica. La legge prevede esplicitamente il diritto insopprimibile del giornalista alla libertà di informazione e di critica nel rispetto della verità dei fatti. Un principio che, per Siddi,avrebbe poco valore se venisse abolito l’Ordine: << L’ordinamento assicura autonomia al giornalista, che quasi sempre è soggetto ad un regime di subordinazione. Perciò, qualsiasi siano le modifiche che il legislatore intenderà introdurre, questo principio deve rimanere come punto intangibile di regolamentazione della professione >>
Va, poi, evidenziata la necessità che sia la categoria stessa dei giornalisti ad autoregolamentarsi e autodisciplinarsi: << L’Ordine dei Giornalisti , dice Siddi, nasce per l’esigenza di alzare la soglia della deontologia di chi esercita questa professione, a garanzia del cittadino utente dell’informazione. Il controllo deontologico non può essere attribuito a soggetti terzi. Su tutto il resto si può discutere. Serve innanzitutto una valutazione seria sugli strumenti per evitare che si creino apparati ipertrofici che sviliscono valori di partecipazione democratica. Troppo spesso la categoria sceglie di regolare conti regolamentari dentro sé stessa, perdendo di vista la necessità di esprimere con puntualità un’identità professionale specifica, riconoscibile per l’esercizio di un’attività professionale che deve rispondere ad alti requisiti di contenuto etico >>.
Siddi sottolinea come il problema non stia nel riconoscimento professionale ma nell’accesso al mercato del lavoro: << Non c’è lavoro giornalistico per i centomila iscritti all’Ordine. Il problema non sono le organizzazioni, che devono riguardare solo chi effettivamente fa la professione, ma la libertà di esercizio del giornalismo e il riconoscimento della sua dignità morale e materiale >>.