I giornali editi dalle cooperative chiedono al governo certezze e trasparenza. Non nuovi fondi, ma criteri rigorosi di attribuzione che, cancellando abusi, ambiguità, illeciti, permettano alle testate dell’editoria di idee e a gran parte di quelle locali (in prevalenza gestite dalle cooperative di giornalisti) di superare la crisi che, chiusura dopo chiusura, le sta decimando.
Più volte abbiamo ricordato i numeri drammatici di questo ciclone che sta devastando il panorama della stampa italiana, compromettendo le basi stesse di quel pluralismo dell’informazione che è sale e alimento della nostra democrazia. I finanziamenti diretti sono stati già da quest’anno pressoché dimezzati e per il futuro nessuno si azzarda a fare previsioni; l’unico dato certo è che questa vera e propria emergenza democratica rischia di scomparire dall’agenda della politica, dall’attenzione dei partiti e dei gruppi parlamentari che, anche in questo settore, sembrano aver rinunciato all’ambizione di dare una risposta all’altezza della drammaticità della situazione e a varare una riforma che gli stessi diretti interessati – e noi tra essi – invocano inutilmente da anni.
Lo vediamo e lo sentiamo; sta passando l’idea che il fondo dell’editoria sia il lascito discutibile di uno stato spendaccione e assistenziale che non ci possiamo più permettere. Le indagini che hanno messo sotto accusa per truffa i giornali del gruppo Ciarrapico, le vicende dell’editore e direttore dell’Avanti, che lasciano intuire un “core business” tutt’altro che giornalistico e usi quanto meno impropri del finanziamento pubblico, sicuramente offrono argomenti a chi contesta la legittimità dell’intervento dello stato. Ma sono, invece, proprio questi fatti (e altri che prima o poi verranno alla luce) a dimostrare che il vero problema non è l’esistenza del fondo per l’editoria che da noi, come in altri paesi, sostiene i giornali penalizzati dalle logiche del mercato e dalla squilibrata distribuzione degli investimenti pubblicitari.
Il vero problema è dato dall’opacità dei criteri di concessione del finanziamento pubblico; il vero problema è rappresentato dalla tollerata e superficiale approssimazione dei controlli amministrativi sulla sussistenza dei requisiti dei soggetti beneficiari dell’erogazione; il vero problema è aver fatto rientrare nell’ambito dell’editoria cooperativa realtà imprenditoriali (vere e finte) che non hanno nulla da spartire con le cooperative di giornalisti ma si coprono dietro di esse appropriandosi di agevolazioni con cui remunerano società di capitali e non il lavoro solidale delle persone.
Questa è la realtà; da qui nasce la proposta per la riformulazione rigorosa dei criteri di assegnazione del fondo e delle caratteristiche necessarie di chi voglia beneficiarne, che verrà presentata in una grande manifestazione pubblica, indetta dal Comitato per la libertà e il diritto all’informazione (cui aderisce Mediacoop), che si terrà a Roma il prossimo 28 settembre.
Non si chiedono nuovi finanziamenti, si propone di avere il coraggio di scegliere: escludendo chi non ha diritto e aprendo le porte alle realtà giornalistiche più giovani e ai nuovi media. È l’ultima occasione. Se governo e parlamento non la colgono non solo avremo la fine di tanta parte dell’informazione libera del nostro paese e l’impoverimento del variegato, e tutto indispensabile, mondo della stampa locale; ma verrà negata una prospettiva di futuro a chi voglia scommettere su un nuovo sistema di media all’interno del quale ci sia spazio non solo per i grandi gruppi ma anche per le voci delle tante realtà indipendenti che raccontano ai cittadini, da un punto di vista diverso, il nostro paese e il mondo di questi anni difficili.
Tarcisio Tarquini (Presidente della cooperativa dei giornalisti di Rassegna Sindacale)
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