“Il finanziamento pubblico dell’editoria esiste in forme diverse in tutto il mondo, compresi i Paesi più liberali. E riguardo all’entità di risorse stanziate l’Italia resta fanalino di coda in Europa”. Lo afferma Angelo Rughetti, deputato del Pd, a formiche.net, in merito al finanziamento pubblico diretto ed indiretto all’editoria.
“Nel nostro Paese, prosegue Rughetti, il vero problema era costituito dall’ingiusta e arbitraria ripartizione dei fondi statali agli organi di partito, cooperative e fondazioni, che ha finito per premiare l’opportunismo, la slealtà, la relazione con il potere nell’accesso ai contributi da parte di gruppi spregiudicati e di testate prive di mercato – aggiunge -. Un’anomalia relegata al passato, visto che la riforma dell’editoria del 2012 ha reso rigidi e selettivi i criteri di accesso ai contributi al punto che oggi i giornali politici beneficiari dei sussidi pubblici sono 11 su 200, il 5 per cento del totale, in base ai parametri stringenti sul numero di copie vendute e sulla presenza di almeno 5 lavoratori dipendenti in redazione. Regole che hanno consentito l’espulsione delle testate border line”.
Rughetti rivendica la bontà delle agevolazioni fiscali, ritiene che “premino e incoraggino le attività giornalistiche che funzionano, con più efficacia rispetto ai contributi diretti. E ciò può rivelarsi valido per gli stessi quotidiani elettronici”. A una condizione: “Poiché l’informazione è un bene pubblico, reputo opportuna una regolazione giuridica per garantire trasparenza e autonomia di chi lavora nel Web”. “Va capitalizzata meglio la produzione delle notizie via web, che vengono rilanciate continuamente sui motori di ricerca a titolo gratuito. Come ricette praticabili come in Francia, dove Google offre donazioni e incentivi di 60 milioni di euro l’anno per le start-up giornalistiche. E soprattutto in Germania, in cui tutti i motori di ricerca intrecciano con i fornitori di informazione un rapporto commerciale di remunerazione in cambio dell’accesso alle news”.
Più radicale la sua valutazione sulla pubblicità istituzionale degli enti locali sui giornali cartacei: “Risponde a norme arcaiche che vanno rimosse, chiude l’onorevole, bisognerebbe subito trasferire le comunicazioni della loro attività sui siti ufficiali, senza sprecare carta e risorse preziose. Salvaguardando soltanto l’informazione mirata per fasce e territori che non vengono raggiunti in modo adeguato dalla Rete”.
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