La Fnsi strattona il governo, per il sindacato dei giornalisti il prossimo non sarà l’anno della svolta per l’informazione italiana. Precariato, il futuro dell’Inpgi accorpata all’Inps, i tavoli che attendono una convocazione. Secondo il segretario generale Raffaele Lorusso, troppi silenzi e pochi impegni lascerebbero presagire un’altra annata pessima, nella migliore delle ipotesi interlocutoria, per l’informazione. Le considerazioni di Lorusso, in un lungo editoriale apparso su Articolo21 e ripreso dal sito istituzionale Fnsi, pongono direttamente le questioni più spinose all’attenzione del governo. Ma non mancano nemmeno le autocritiche, rivolte essenzialmente all’intera categoria.
Per Lorusso. “Il silenzio del presidente del Consiglio, Mario Draghi, di fronte alle sollecitazioni e alle questioni sollevate dal presidente dell’Ordine, Carlo Bartoli, in occasione della conferenza stampa di fine anno, non lascia presagire nulla di buono. Un’informazione sempre più sotto attacco e indebolita e un mercato del lavoro dominato dalla precarietà non sembrano impensierire il governo e – a giudicare dalla lunga sequela di domande rivolte a Draghi – neanche i giornalisti”.
Il segretario Fnsi calca la mano sul governo. “L’impressione è che, con l’approvazione della norma di messa in sicurezza dell’Inpgi, il governo consideri conclusa la partita che riguarda l’informazione. Il settore ha bisogno di riforme. Affrontare la transizione al digitale con la legge 416 del 1981 è un’operazione puramente illusoria”. E dunque ha spiegato. “La Fnsi ha sollevato da tempo la necessità di mettere a punto una nuova legge per l’editoria che – esattamente come avvenne quarant’anni fa con la legge 416 – preveda nuovi strumenti di rilancio e sostegno del settore, oltre che misure adeguate per affrontare gli stati di crisi e i processi di ristrutturazione delle aziende. Il sindacato dei giornalisti ha elaborato da tempo numerose proposte, consegnate ai vari governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni”.
Poi Lorusso elenca tutta una serie di disegni di legge che giacciono ancora, addormentati, nel cassetto della politica. “A caratterizzare l’approccio di governo e parlamento nei confronti dell’informazione è stata finora l’assenza di volontà politica per mettere a punto interventi strutturali. Non si spiegherebbe altrimenti lo stallo in cui in questa legislatura – esattamente come nelle precedenti – sono finiti alcuni disegni di legge, tutti a costo zero per le casse dello Stato. Dalla norme di contrasto alle querele bavaglio alla riforma organica della diffamazione, con l’eliminazione definitiva della pena carceraria, per ora cancellata soltanto parzialmente dalla Consulta, fino alla riforma del servizio pubblico radiotelevisivo si registra una lunga sequela di rinvii e di vorrei ma non posso”.
Critiche durissime, inoltre, anche sui contributi. “Non è pensabile di continuare a stanziare risorse nella sola direzione del sostegno improduttivo alle imprese, a prescindere dai progetti industriali, dagli investimenti e dal rispetto della dignità del lavoro. Se è vero che il crollo della carta stampata pare ormai irreversibile e che la transizione al digitale va governata, non si può continuare ad assecondare la richiesta delle aziende editoriali di finanziare i prepensionamenti e di impedire l’introduzione di qualsiasi regola che renda il lavoro meno precario e riconosca diritti e retribuzioni dignitose a chi viene quotidianamente sfruttato”.