«La manovra del Governo non ha cancellato le azioni pubbliche che rischiano di portare alla morte presto decine e decine di testate giornalistiche. Apprezzabile la norma che vuole incoraggiare l’innovazione, ma senza risorse non c’è processo che possa essere messo in moto, anche perché, nell’attesa, centinaia di testate giornalistiche risulterebbero già chiuse, morte per asfissia e con essi cancellati migliaia di posti di lavoro». Lo denuncia la Fnsi, a parere della quale occorrerebbe «prevedere nuovi regolamenti per individuare criteri ancora più rigorosi e trasparenti nella ripartizione dei contributi è obiettivo condiviso, anche se occorre osservare come quest’altra novità prevista dal Governo Monti intervenga su un regolamento da poco in vigore e non ancora sperimentato».
Secondo la Fnsi, «senza certezza di fondi, nella fase di transizione, per giornali in cooperativa, pubblicati all’estero, politici, di minoranze linguistiche e di idee da gennaio molte banche chiuderanno persino le linee di credito e andare avanti sarà impossibile. Il Governo non può essere inerte, né limitarsi a registrare il disastro».
Il sindacato nazionale giornalisti riconosce che «a nessuno sfugge la necessità di risanare i conti pubblici» e quindi «di procedere ad una riqualificazione della spesa, perché essa sia rivolta essenzialmente a promuovere tutti i fattori di sviluppo possibili». E l’editoria «ne è un motore indispensabile e per questo settore, che cura un bene di inestimabile valore pubblico come l’informazione libera e plurale, è possibile trovare risorse senza incidere sugli attuali capitoli di spesa dello Stato. Al Governo si chiede di avere il coraggio e la saggezza per cancellare i regali sulle frequenze tv facendone pagare il giusto valore in un’asta veramente aperta». Per la Fnsi, altre linee di intervento sono possibili «deliberando una quota di prelievo sugli utili delle fondazioni bancarie da destinare espressamente al sostegno del pluralismo dell’informazione e altre ancora da un’aliquota di prelievo sulla pubblicità televisiva, come minima compensazione della distorsione del mercato e del conseguente squilibrio nella ripartizione delle risorse, con la finalità di sostenere l’innovazione e l’occupazione qualificata nell’industria editoriale. Tenere in piedi le antiche ricette dei ‘tagli mortali’ senza prospettive – figli di una concezione dell’informazione come fastidio da rimuovere o comunque attività da assoggettare – non corrisponderebbe invece né a ipotesi di sviluppo né ad alcun criterio di equità, giacché una realtà di questo tipo favorirebbe solo i colossi e le concentrazioni».