Sulla presunzione d’innocenza si scalda il confronto tra governo e giornalisti, la Fnsi invia un messaggio al ministro Cartabia. Chiedendo, nel rispetto dei principi e valori costituzionali, che non si pongano strumenti che possano comportare intralci alla libertà di stampa e di informazione. Il centro della questione è rappresentata dalla direttiva Ue sulla presunzione d’innocenza che è in corso di recepimento da parte delle istituzioni italiane. Ma il disegno normativo previsto in Italia, secondo i giornalisti, potrebbe comportare un pericoloso rallentamento e una sostanziale diminuzione della libertà di stampa. Seppur condividendo la necessità di porre un freno ai cosiddetti “processi mediatici”, le norme e le regole previste sembrerebbero negare spazio di manovra ai giornalisti e ai cronisti. Dunque la Fnsi ha sollevato i problemi, di nuovo, e ha promesso battaglia.
Il segretario generale del sindacato dei giornalisti, Raffaele Lorusso, in una lunga nota ha espresso la posizione sua a della Fnsi. “Ha ragione la ministra Cartabia: la presunzione di innocenza è un caposaldo della democrazia. Metterlo in discussione significherebbe negare un principio di civiltà. Ciò che non convince, e che va ridiscusso, è il recepimento che in Italia è stato fatto della direttiva europea sulla presunzione di innocenza”. Dunque ha continuato. “E’ convinzione della Fnsi, e non soltanto della Fnsi, a dire il vero, che il recepimento della direttiva sia diventato il pretesto per impedire la diffusione di notizie e, quindi, per negare il diritto dei cittadini ad essere informati”.
Ma non è tutto. La questione è scottante, per i giornalisti. Lorusso ha dichiarato. “Per questa ragione la Fnsi ha chiesto alla Commissione europea di verificare la correttezza dell’operato del legislatore italiano e, se sarà necessario, di intervenire perché vengano corrette le storture contenute nel decreto legislativo 188 del 2021. La direttiva europea, infatti, non regola, come erroneamente si è portati a dar a intendere, i rapporti fra chi amministra la giustizia e la stampa, anche perché la segretezza degli atti di indagine è già disciplinata dal codice di procedura penale. Soltanto in Italia, e non in altri Paesi Ue, la legge di recepimento è diventata l’occasione per rendere farraginosa, e talvolta impossibile, la diffusione di notizie di cronaca nera e giudiziaria”.
La Fnsi ha quindi attaccato. “Come dimostra, purtroppo, il comportamento di alcune Procure, quelle norme sono diventate il pretesto per imporre un bavaglio alla stampa. Così come sono deprecabili i processi mediatici e la diffusione con il copia e incolla degli atti di indagine, così non è accettabile che la presunzione di innocenza diventi l’occasione per impedire ai giornalisti di informare e ai cittadini di venire informati su fatti di interesse pubblico”. Il riferimento è a quanto accaduto a Napoli e denunciato, qualche giorno fa, dal Sindacato dei giornalisti campani. In particolare, il Sugc aveva stigmatizzato la decisione della Procura di Napoli di dare notizia di un omicidio solo dieci giorni dopo l’evento. Una situazione che aveva fatto sbottare il sindacato. “È la rappresentazione plastica di quanto l’accentramento nelle mani del Procuratore può determinare il controllo sull’informazione giudiziaria con gravi conseguenze sulla libertà di stampa”.
Il dibattito, dunque, è incardinato. Da una parte le istituzioni, dall’altra i giornalisti che pretendono di continuare a informare i cittadini perché “la libertà di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati sono anch’essi capisaldi delle democrazie occidentali, sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, dai trattati istitutivi dell’Unione Europea e dalla Costituzione italiana”. Lorusso ha infine concluso. “L’auspicio è che la ministra della Giustizia voglia avviare al più presto un tavolo di confronto non soltanto sulla presunzione di innocenza, ma anche sui provvedimenti necessari per garantire l’effettivo esercizio della libertà di espressione e del diritto di cronaca, come il contrasto alle querele bavaglio e alle richieste di risarcimento a scopo intimidatorio, sui quali governo e parlamento italiano sono da tempo inadempienti”.
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