Il percorso è stato lungo. Più di quanto Attilio Befera potesse immaginare. Ora, però, il direttore dell’Agenzia delle Entrate potrà finalmente contare sulla nuova “arma” per combattere l’evasione fiscale. Il redditometro è pronto. Da oggì e per tutto il mese di aprile partiranno le prime 20 mila lettere nei confronti di altrettanti contribuenti finiti nel mirino del Fisco. Si tratta solo della prima tranche che il fisco utilizzerà anche per capire se lo strumento messo in piedi funziona bene. Dipendenti pubblici e privati, autonomi e perfino pensionati. Tutti possono finire nel mirino del redditometro. Non si tratta, almeno all’inizio, di un vero e proprio accertamento, ma solo di una prima richiesta di informazioni che il contribuente non dovrà assolutamente trascurare.
Con il passare dei mesi, il redditometro ha subito alcune modifiche, in parte imposte dal Garante della Privacy che, ad esempio, ha limitato l’utilizzo delle medie Istat per il calcolo delle spese sostenute. Nè è uscito fuori uno strumento in parte depotenziato ma che comunque, se utilizzato bene, è in grado di dare un grande contributo nella lotta all’evasione.
Che cos’è
Banalmente il redditometro è uno strumento che mette in relazione il reddito dichiarato di un contribuente con le spese realmente sostenute. Nei casi in cui il Fisco dovesse riscontrare una differenza «di almeno il 20 per cento», scatteranno una serie di verifiche che potranno arrivare anche all’accertamento vero e proprio. In pratica, il Fisco individua per ogni contribuente un lifestage (il tenore di vita, ndr) che viene comparato con i redditi che dichiara. Due gli strumenti di cui si serve il redditometro. Primo: l’Anagrafe tributaria che contiene tutte le spese certe effettuate dal cittadino (nel database ci sono anche le dichiarazioni dei redditi, la proprietà di immobili o di mezzi di trasporto). Secondo: l’Anagrafe dei rapporti finanziari, nuovo strumento informatico che fornisce dati sui conto correnti (saldo, movimentazioni totali accredito-addebito, conto titoli, investimenti). I primi accertamenti riguarderanno i redditi 2009 e quindi quanto dichiarato nel 2010. Nel redditometro, dopo le varie modifiche apportate, rientrano tre tipi di spese. Quelle “certe” sono contenute già nell’Anagrafe tributaria. Ci sono poi quelle “per elementi certi” determinate in via induttiva in relazione al possesso di un bene certo, ad esempio una macchina o una casa. E quindi pezzi di ricambio, carburante o le spese condominiali. Saranno escluse, invece, le spese “per elementi certi” stimate solo sulla base di medie Istat come l’acquisto di abbigliamento, arredi o elettrodomestici.
La lettera
Una volta ricevuta la comunicazione, il contribuente dovrà prepararsi a sostenere un contraddittorio in cui dovrà giustificare le spese che l’Agenzia delle Entrate ritiene incongrue. Con la missiva il Fisco chiederà al cittadino, in riferimento all’anno 2009, di presentare le giustificazioni delle spese certe (ristrutturazioni, spese mediche, contributi, ecc. ), di quelle per elementi certi (auto, casa, ecc.) e degli investimenti. Verrà inoltre chiesto di indicare i saldi iniziali e finali dei propri conti bancari e postali del 2009. In questa prima fase, in cui è consigliabile rivolgersi al proprio commercialista, il contribuente dovrà anche capire se sussistono differenze tra la famiglia fiscale e quella anagrafica. Gli uffici, infatti, prima di inviare comunicazioni devono valutare il reddito complessivo della famiglia aggiornando la composizione del nucleo famigliare attraverso l’anagrafe comunale.
Il contraddittorio
È sicuramente la fase più importante per il contribuente perché, documenti alla mano, dovràgiustificare le spese extra contestate. Fondamentale sarà arrivare preparati all’incontro ed è quindi necessario portare bonifici, copie di versamenti, assegni e tutto il materiale in grado di tracciare i pagamenti. Va dimostrato con prove certe, ad esempio, che la macchina è stata comprata con i risparmi degli anni passati o con soldi provenienti da rendite finanziarie tassate all’origine. Non sarà facile, inoltre, spiegare semplicemente che si tratta di un regalo ricevuto da terzi. In quel caso l’Agenzia delle Entrate avrà facoltà di fare indagini sulle persone chiamate in causa. Non basterà dire, quindi, che una casa è stata comprata con soldi messi da parte dai genitori. Bisognerà dimostrare anche il passaggio dei fondi con un bonifico o un assegno. Nel caso limite in cui i soldi sono passati da padre a figlio in contanti, invece, potrebbero sorgere alcune difficoltà. Se però tutte le prove fossero convincenti, la verifica si chiuderebbe a questo primo confronto. In caso contrario, la procedura va avanti.
Secondo incontro
Dopo il primo contraddittorio, l’Agenzia delle Entrate lavorerà sulle “prove” fornite dal contribuente. Nel caso in cui non ritenesse sufficiente il materiale fornito, si passa alla fase in cui scatta un secondo invito con tanto di proposta di adesione. Si tratta di un atto in cui il Fisco dovrà indicare chiaramente perché non accetta il materiale fornito dal cittadino ma, parallelamente, dovrà essere presentata una proposta di adesione in cui viene indicato l’importo da pagare con relativi interessi e sanzioni. A questo punto il contribuente ha due strade. La prima: accettare la proposta e pagare entro quindici giorni, in modo da sfruttare lo “sconto” sulle sanzioni ridotte a un sesto del minimo. Secondo: non accettare la proposta e presentarsi al secondo contraddittorio con nuove giustificazioni.
L’accertamento
Se quindi il contribuente non accetta l’adesione, si arriva al secondo e ultimo contraddittorio. A questo punto, però, la palla è in mano ai funzionari del Fisco che, se non riterranno idonee le nuove prove fornite dal contribuente, emetteranno il vero e proprio accertamento. Il documento di fatto mette nero su bianco a quanto ammonta la cifra evasa. Tra i vari allegati dell’accertamento, però, l’Agenzia delle entrate dovrà spiegare punto per punto perché ha rigettato le giustificazioni portate dal contribuente nei due colloqui precedenti. A questo punto al cittadino resta poco da fare perché non sarà possibile presentare istanza di adesione. Se qualora si ritenesse che l’accertamento è ingiustificato, si potrà impugnare l’atto entro 60 giorni davanti alla commissione tributaria.
fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/economia/2014/04/01/AQvlMtIC-redditometro_controlli_martedi.shtml