Mediaset guadagna il 73%. I fondi di investimento le banche d’affari scommettono sulla ripresa della pubblicità nel 2013. La Mondadori chiude quattro testate. A rischio 100 giornalisti. Periodo in chiaroscuro in casa Fininvest. Si esulta per le reti. E si piange per la stampa. Infatti dai dati economici e della rilevazioni di mercato Mediaset e Mondadori hanno in comune solo l’appartenenza alla holding di Silvio Berlusconi. Per il resto la prima si sta “imponendo” a Piazza Affari; la seconda deve licenziare per sopravvivere. Ma fino a pochi mesi fa la situazione, per quanto riguarda Mediaset, era del tutto diversa.
Dunque partiamo da “lontano” per capire meglio l’evolversi della situazione economica dell’emittente di Cologno Monzese.
Mediaset nel terzo trimestre del 2012 ha perso circa un milione di euro al giorno: 88 milioni tra luglio e settembre. Si tratta del primo “rosso” della sua storia. I ricavi netti relativi ai primi nove mesi del 2012 sono calati del 12,6%: dai 3,05 miliardi del 2011 ai 2,6 del 2012. La causa di tutto va addebitata al calo drastico della pubblicità, linfa vitale della tv. Il mercato degli sponsor in Italia è calato, nell’anno appena trascorso, del 15% (con una punta del -24,2% nel mese di settembre). E le concessionarie per gli spot (Publitalia e Digitalia) della controllata Fininvest sono passate dai 1,94 miliardi del 2011 ai 1,65 di primi nove mesi del 2012. I conti andavano talmente male che era a rischio la distribuzione dei dividendi (alla fine ci sarà stata?). «È troppo presto per poter dire se Mediaset distribuirà i dividendi nel 2012. La priorità resta il calo del debito», annunciò Marco Giordani, direttore finanziario della tv di Cologno Monzese.
E per risanare i conti Mediaset ha iniziato un deciso piano di riduzione dei costi: meno diritti tv e costi di produzione. Il tutto per scremare 450 milioni, divisi in più anni.
Ora, invece, nel primo mese del 2013, Mediaset vanta un +73% sui suoi titoli in Borsa. Un surplus guadagnato in poche settimane. E la situazione potrebbe ancora migliorare. Infatti solo ieri le azioni dell’emittente sono salite del 5,7% arrivando a 2,01 euro. Il tutto deriva dalla aumentata fiducia degli investitori stranieri. Si tratta soprattutto di tre fondi di investimento (Aqr Capital, Highbridge Capital, Marshall Wace) che hanno acquistato le azioni del Biscione. Quindi, è bene precisare, che stiamo parlando della cosiddetta economia “di carta”, di scambi di titoli. Per essere chiari l’aumento del valore di Mediaset non è dipeso da una crescita dell’audience (che magari, causa elezioni e relative interviste, ci sarà anche stata), ma ad una compravendita di azioni.
Sono stati decisivi, invece, i giudizi positivi delle banche d’affari. La reputazione (il “rating”) di Mediaset è in crescita. Ad esempio Credit Suisse ha alzato il cosiddetto “target price” (il costo di riferimento di una azione) da 2 a 2,65 euro. Hanno seguito la scia della banca svizzera anche Berenberg, Citi e SocGen.
Ma quale è la motivazione di tanta positività? Si tratta della speranza di una ripresa della pubblicità nel 2013 (qualcuno pensa anche all’effetto dell’ascesa di Berlusconi). E visto che in economia le prospettive “si avverano” l’auspicio diventa già realtà, anche se solo finanziaria.
Ma passiamo ora a Mondadori.
La società presieduta da Marina Berlusconi viene da un 2012 sofferente, ma non del tutto negativo. L’utile, nei primi nove mesi dell’anno scorso ci è stato: 16,1 milioni di euro. Ma si tratta di una cifra inferiore del 63,5% rispetto allo stesso periodo del 2011. Ciò è dovuto alla “solita” mancanza di inserzioni. Il mercato degli spot è in contrazione, anche e soprattutto per la stampa. Infatti la pubblicità negli ultimi nove mesi del 2012 è calata in media del 17%. Sono andati in fumo, rispetto allo stesso periodo del 2011, circa 300 milioni di euro. E si è passati da un fatturato totale di 1,76 miliardi a 1,46. E l’editoria periodica (mensili e settimanali) ha perso dal 13% al 17% di pubblicità (dati dell’Osservatorio della Stampa Fcp).
E la Mondadori periodici ha deciso di chiudere quattro testate. Si tratta di Casa Viva, Men’s Haealth, Panorama Travel, Ville e Giardini. I giornalisti a rischio sono 100, su un totale di 400. Dunque un redattore su quattro potrebbe perdere il lavoro. Il nuovo dg della controllata Fininvest, Ernesto Mauri, sembra essere deciso nel ristrutturare “in toto” l’azienda: dalla dirigenza ai dipendenti tipografici. Infatti già sono state tagliate le direzioni di altri giornali come Grazia, Donna Moderna e Confidenze; e il dg sembra intenzionato a razionalizzare al massimo anche i costi tipografici e di stampa.
C’è , però, da trattare con i sindacati. La dirigenza starebbe valutando l’ipotesi di esodi anticipati. Ma, in ogni caso, gestire 100 esuberi non sarà semplice.
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