Per l’ennesima volta il governo ha posto la fiducia su un disegno di legge impedendo al Parlamento di esaminarlo e di, eventualmente, modificarlo. Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha evidenziato – non per la prima volta – la sua contrarietà e ieri ha stigmatizzato la decisione di porre la fiducia, definendola “deprecabile”. “La posizione della questione di fiducia” non può “essere considerata una decisione di carattere tecnico, non essendo in alcun modo giustificabile con la finalità di superare ostacoli di tipo procedurale” ma “come una decisione attinente esclusivamente a ragioni di carattere politico”. Aveva detto, ieri, Fini nel suo discorso in Aula.
“Deprecabile” era sembrata anche la modifica della Finanziaria, all’esame della Commissione Bilancio, con l’introduzione di un limite ai contributi all’editoria e la cancellazione del diritto soggettivo ad ottenerli. Gianfranco Fini, allora, dopo aver ascoltato le valutazioni di alcuni editori di giornali, aveva costretto il ministro Tremonti ad impegnarsi ad intervenire attraverso il decreto milleproroghe “per salvaguardare le testate storico-culturali”.
Il decreto in questione sarà presentato domani dal Consiglio dei Ministri ma, da quanto affermato oggi dall’on. Giuseppe Giulietti, non conterrà i fondi per l’editoria. E questo è un problema. Ma non l’unico. Resta aperta, infatti, la questione dei 70 milioni di euro che la legge n. 99 del 2009 ha stanziato per il fondo all’editoria per gli anni 2009 e 2010 e che non sono ancora stati assegnati.
Nonostante le interrogazioni parlamentari presentate (n. 5-01973 dell’onorevole Giuseppe Giulietti e n. 3-00991 del senatore Vincenzo Vita) regna ancora il caos: se il testo della Finanziaria non verrà modificato dal Senato tutte le testate perderanno i cosiddetti “diritti soggettivi” e, ogni anno, saranno alla mercé di un provvedimento del governo che stanzi i fondi necessari. Inoltre, non è ancora chiaro con quali modalità i fondi saranno ripartiti. Il regolamento preparato da Bonaiuti sull’erogazione dei contributi all’editoria, che dovrebbe far luce su questo punto, è ancora fermo, per il parere, al Consiglio di Stato.