Fallimento de L’Unità, è stato rinviato a giudizio a Roma l’editore Renato Soru insieme ad altre persone ritenute implicate nella vicenda. La decisione è stata presa dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale capitolino. Gli imputati rispondono, a vario titolo e in differenti posizioni, dell’accusa di bancarotta per dissipazione e distrazione. La prima udienza del processo è stata fissata il prossimo 13 febbraio. Per l’imprenditore Maurizio Mian, invece, è stato dichiarato il non luogo a procedere per l’intervento della prescrizione.
L’imprenditore Soru ha commentato la notizia con un post apparso sui social in cui si dice fiducioso di dimostrare la sua innocenza. Ha spiegato che “la storia nasce nel 2008 quando, proprio nel bel mezzo della campagna elettorale nazionale e la sfida Veltroni – Berlusconi per la guida del nuovo governo, l’Unità rischiava di interrompere le pubblicazioni e chiudere. Si trattava di un fatto che avrebbe certamente influito pesantemente sulla campagna elettorale in corso. E comunque pensavo che il giornale di Gramsci, carico di una storia straordinariamente importante non solo per il Pci ma per l’intera sinistra italiana e per la l’intera Repubblica, meritasse una sorte migliore. Pensavo che tale patrimonio storico-culturale dovesse e potesse essere salvato”.
Soru ha aggiunto: “Per questo, forse senza la sufficiente attenzione, decisi di rilevare il giornale e impegnarmi per un suo rilancio. Purtroppo le cose non sono andate come avremmo voluto”. E ha spiegato quali: “Dopo pochi anni, in una situazione finanziaria per me decisamente cambiata, ho lasciato a nuovi azionisti la maggioranza delle azioni e la responsabilità di portare avanti il giornale. Le cose non sono andate bene nemmeno con i nuovi azionisti, nuovi aumenti di capitale e nuovi progetti editoriali”.
Infine Renato Soru sulla vicenda de L’Unità ha proseguito: “Certo la pesante crisi della carta stampata di quegli anni e la difficoltà a generare ricavi dai nuovi lettori on line non ha aiutato. Per questo motivo gli azionisti e gli amministratori successivi decisero di procedere alla liquidazione della società, portando i libri sociali in Tribunale. Al momento io detenevo una quota del tutto minoritaria (il 13 per cento delle azioni). Ora, dopo otto anni, sono stato assurdamente accusato di distrazione di denari dalla società. Ma io in questo tentativo di salvataggio ho solo investito, in più riprese, ingenti risorse finanziarie e mai ho avuto indietro, a qualsiasi titolo, nemmeno un euro o altro beneficio”.
Dunque ha promesso: “Come nelle altre occasioni anche in questo caso mi difenderò nel processo, addolorato per questa ulteriore prova che si aggiunge alle tante che negli ultimi vent’anni ho dovuto subire. Tuttavia, sono certo che la mia assoluta innocenza verrà ancora una volta riconosciuta”.
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