Si è tenuto ieri alla Sala Koch del Senato della Repubblica l’importante convegno, organizzato dall’Unione Stampa Periodica Italiana, intitolato “Fake News – Libertà e responsabilità di informazione nell’era digitale”.
I lavori, sono stati moderati dalla giornalista Corcom Federica Meta, e, dopo il saluto istituzionale del senatore Antonio De Poli, hanno visto alternarsi al banco gli interventi del segretario generale Uspi, Francesco Saverio Vetere, del presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Verna, del Public policy manager di Google Italia, Diego Ciulli, del direttore di Giornalistitalia.it, Carlo Parisi, e dell’esperto in materia di Diritto e Mercati dei contenuti e dei servizi online dell’Università Europea di Roma, Maurizio Gualdieri.
Antonio De Poli ha ringraziato l’Uspi per l’organizzazione di un evento su temi tanto attuali e dibattuti come quelli delle fake news, della disinformazione e della responsabilità dell’informazione. E ha sottolineato quanto “siano fondamentali sia la libertà che la responsabilità nel fare informazione oggi, soprattutto nel digitale. L’informazione del futuro è la 4.0 ma in realtà la stiamo già sperimentando. Le fonti informative sono aumentate grazie alle tecnologie e per questo è molto importante fare informazione con responsabilità, che va di pari passo con la professionalità: bisogna tutelare chi fa informazione in modo professionale, chi lo fa con serietà. La mediazione giornalistica è fondamentale ma va fatta correttamente”.
É intervenuto il segretario Uspi Vetere che ha ricordato come: “L’informazione si è sempre accompagnata alla disinformazione, non è solo un fenomeno che riguarda l’informazione online. Ci sono innumerevoli casi di disinformazione nella storia, anche nel corso del XX secolo, consistenti nell’attuazione di una precisa strategia di disinformazione su mezzi che in quel momento erano attivi: carta stampata, radio e tv. Con l’avvento delle nuove tecnologie abbiamo assistito a cambiamenti importanti anche nel sistema di fruizione dell’informazione, ma anche a nuovi sistemi di creazione dell’informazione”. E quindi ha sottolineato che: “Nel XXI secolo non si può più parlare di analfabetismo, ma si parla (da 35 anni) di analfabetismo funzionale, ovvero dell’incapacità del pubblico di esercitare una vera e reale attività critica sui testi, sulle cose che legge sono state pensate per l’informazione tradizionale, per un sistema verticale in cui il giornalista è il mediatore. Questo è necessario ancora adesso, ma l’informazione ad oggi non è più solo in mano ai giornalisti e questo va considerato mentre si ripensa il sistema, modificato dallo sviluppo tecnologico.” Infine ha concluso: “Anche la struttura dei nostri ordinamenti è lenta, ma non possiamo neanche pretendere che la legge regolamenti ogni singola parte di un fenomeno che cambia ogni 6 mesi. La tecnologia ci cambierà, ma noi possiamo unire alla tecnologia un sistema di lavoro espresso in una maniera più consona ai nuovi tempi. Siamo vecchi come istituzioni ma non come valori e questi valori sono lo scopo del nostro lavoro e dobbiamo cercare di portarli nel mondo di internet. Questo sarà il nostro lavoro futuro”.
Carlo Verna, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, all’inizio del suo intervento, ha chiarito: “Le cose dal 1963 (anno in cui è stata promulgata la legge n. 69 che regolamenta la professione), sono cambiate molto, non ci sono più pochi soggetti che fanno informazione, ormai è una questione che riguarda tutti. Il fenomeno è nuovo e sovranazionale, il cambiamento è tumultuoso, paragonabile solo a quando tutto cominciò”. Per Verna, inoltre, è fondamentale rendersi conto di come “gli algoritmi e la pubblicità personalizzata orientino le nostre scelte, è come se fosse una maxi-fake news. È per questo che è importante che l’Ordine combatta questa battaglia e noi vogliamo farlo, confrontandoci con tutti i soggetti che si sono accorti della pericolosità della situazione transitoria attuale”.
Quindi è intervenuto Diego Ciulli, Public Policy manager di Google Italia che ha spiegato: “È fondamentale identificare il nemico per poterlo contrastare. Il nemico non sono le fake news ma la disinformazione. Non si devono contrastare le bugie, perché fanno parte del sistema democratico, ciò che si deve combattere è la disinformazione, ovvero qualcosa di calcolato per distogliere l’attenzione del pubblico e manovrare il pensiero”. In chiusura poi, ha aggiunto: “Abbiamo l’urgenza di educare i cittadini alla bellezza della pluralità informativa, senza però fidarsi di qualsiasi cosa leggano in rete”.
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