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Facebook paga consulenti per infangare Tik Tok

Facebook mette in moto la macchina del fango per tentare di vincere la battaglia con Tik Tok. Il social di Zuckerberg avrebbe ingaggiato una società di comunicazione con l’obiettivo di macchiare la reputazione del concorrente cinese. Che, negli ultimi anni, sta letteralmente trionfando la guerra del web conquistando masse di giovani e giovanissimi. La piattaforma dei video Tik Tok sta spopolando e la galassia Facebook ne risente e parecchio.

I social, come ogni fenomeno appunto sociale, risentono di quell’entità misteriosa e potentissima che si chiama “moda”. E come ci insegnò il grande Giacomo Leopardi, questa è sorella della morte. I dati relativi ai conti economici di Facebook sono in caduta libera. Menlo Park è stritolata dalle polemiche sulle fake news e penalizzata da una gestione censoria affidata ad algoritmi ciechi che spesso portano a misunderstanding che definire imbarazzanti è ancora poco. Inoltre, ai ragazzi non interessa più: è percepito come un social di “vecchi”, pesanti, fuori contesto e poco inclini al divertimento. In una parola, cringe. E perciò perde utenti e fatturato, a milioni (anzi miliardi, di dollari).

A differenza di Tik Tok che continua a macinare consensi con la beffa che i contenuti prodotti su questo social finiscono per inondare anche i social di Zuckerberg, a cominciare da Instagram. Come seconda scelta, però. Insomma, la situazione è drammatica. Per tentare di stroncare la concorrenza del “dragone virtuale”, Facebook avrebbe ingaggiato la società di comunicazione americana Targeted Victory, vicina all’universo repubblicano americano, per battere Tik Tok.

Una campagna di denigrazione che coordinasse articoli, editoriali, opinioni utili a colpire l’immagine del social avversario rafforzando, di conseguenza, le posizioni dei suoi. Non proprio un esempio di correttezza per chi, finora, ha agito in sostanziale oligopolio se non proprio monopolio.

Lo scoop del Washington Post rivela, ulteriormente, un aspetto poco lucido dell’operato della società di Menlo Park. Che si sarebbe avvalsa addirittura di vere e proprie fake news. Nate, peraltro, proprio su Facebook. È il caso, per esempio, di alcune challenge. Tipo quella “slap a teacher”, colpisci un insegnante. Mai in trend su Tik Tok e “nata” anzi come voce (e dunque bufala) proprio su Facebook. Fango, dunque. Colpi bassi agli avversari. Che però stonano con la pretesa di chi pretende di mantenere “uno spazio accogliente per tutti” e cancella di sua sponte ciò che ritiene di dover eliminare dal dibattito pubblico.

Luca Esposito

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