Il gestore della piattaforma che lancia un’applicazione per social network identica a quella collaudata viola il diritto d’autore dello sviluppatore. Questo è il succo della massima fornita dai giudici del Tribunale di Milano, sezione speciale Impresa, a corredo della sentenza 01/08/2016.
Parte attrice del procedimento è Faround, un’applicazione che permette di raccogliere ed elaborare le informazioni di geolocalizzazione e le preferenze rilasciate dagli utenti iscritti a Facebook. Quest’ultima è la parte convenuta: ha infatti lanciato un’applicazione di nome Nearby, sostanzialmente identica a Faround per forma e contenuti. Il Tribunale di Milano ha riconosciuto la giustapposizione tra le due applicazioni, facendo leva sul concetto di banca dati implementata in forma di programma per elaboratore. Tale richiamo è stato effettuato sulla base delle previsioni contenute nell’art.3 della direttiva 96/2009 CE e nell’art.64 della legge sul diritto d’autore. Facebook avrebbe violato tali disposizioni, accedendo nella fase di collaudo alla copia eseguibile del programma e alle informazioni relative all’interfaccia utente e alle interazioni del programma con la piattaforma madre. Inoltre sarebbe stato violato l’art.2598 c.c., dal momento che la violazione del diritto d’autore avrebbe configurato un danno anticoncorrenziale, che si sostanzia nell’appropriazione parassitaria degli investimenti altrui per la creazione di un’opera dotata di rilevante valore economico. Per questi motivi il Tribunale di Milano ha inibito Facebook dall’uso di Nearby, disponendo una penale per ogni ulteriore giorno di messa a disposizione dell’applicazione.
Faround è una banca dati implementata in forma di programma per elaboratore. Le banche dati, unitamente ai programmi per elaboratori, sono tutelate in quanto opere di carattere creativo. Le banche dati costituiscono una creazione intellettuale dell’autore, “per la scelta o la disposizione del materiale” (art. 1, comma 2 LA). Esse sono “raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo”. Nel caso specifico il Tribunale ha valutato: la natura creativa dell’applicazione Faround; la liceità dell’attività di analisi del programma da parte di terzo; la possibile deroga dei dettami legislativi da parte dell’autorità privata. In base al primo profilo risulta, quindi, accertato il carattere creativo dell’opera, essendo sufficiente, per pacifica giurisprudenza, “un atto creativo, seppure minimo, suscettibile di estrinsecazione nel mondo esteriore”, che non è escluso neppure quando sia espressione di “idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia” e, quanto alle opere compilative, essendo sufficiente che “i dati siano stati elaborati ed organizzati in modo personale ed autonomo dall’autore, per la scelta o la disposizione del materiale”. In relazione al secondo profilo ciò che rileva, per rendere lecita l’attività di analisi, eseguita da un soggetto che non è l’autore, è la finalità della attività, che deve essere la destinazione tipica dell’opera, oggetto di tutela, nel caso di specie, il collaudo per rendere fruibile il programma agli utenti. L’attività di analisi è altresì consentita, ma non è questa la fattispecie che rileva nel caso in esame, quando sia indispensabile ad ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità con altri programmi. In merito al terzo profilo il Tribunale asserisce che i limiti così delineati dal legislatore all’attività di analisi, non sono derogabili neppure con clausole contrattuali, pena la comminatoria della loro nullità.
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