Facebook contro il click baiting, nuove tendenze nell’editoria online

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Pronto un nuovo algoritmo di Facebook per le notizie pronto a contrastare il click baiting e ad assecondare le nuove tendenze degli editori digitali. E subito si accende il dibattito: quale forma di giornalismo prevarrà alla fine? Quello di qualità, o almeno si spera

Nuove modifiche per l’algoritmo di Facebook per il News Feed, il social network di Mark Zuckerberg ha deciso che punterà meno sui “like” e più sul tempo di lettura delle notizie per tentare di favorire l’informazione di qualità. La lotta al click baiting da parte dell’azienda di Menlo Park comincia dal nuovo modo in cui gli aggiornamenti delle notizie verranno distribuiti sulla home degli utenti.

I fattori determinanti sono due: la varietà delle fonti dei contenuti pubblicati e il tempo impiegato dal lettore a leggere un articolo. Secondo la nuova politica di Facebook, quindi, l’esperienza degli utenti non può più essere misurata sulla base delle sole interazioni con i post (in molti casi generate ad hoc). Per questo motivo Zuckerberg ha dato il via a una nuova strategia attraverso il Feed Quality Program, un progetto che ha permesso a migliaia di persone di tutto il mondo di dare suggerimenti per il miglioramento della cosiddetta “user experience”.

I risultati di questa consultazione parlano chiaro: c’è bisogno di più qualità e varietà nelle notizie proposte. Inoltre, come sottolineato di recente in un post sulla newsroom di Facebook, bisogna fare attenzione al tempo. L’intervento in questione, ad opera dello sviluppatore di software Moshe Blank e del ricercatore Jie Xu, sottolinea le novità introdotte dal social network per il News Feed.

Primo: contrastare il click baiting. Si tratta di quella tecnica usata da molte pagine del social network a cercare di attirare i click esasperando i toni e dando titoli sensazionalistici ai propri post. Questo fenomeno ha favorito il proliferare di contenuti di bassissima qualità. Ora, spiegano Blank e Xu, sarà possibile capire quali articoli interessano di più ad ogni utente in base a quanto tempo ci mette a leggerli: in questo modo sarà più probabile trovare nella propria bacheca post più adatti ai propri gusti.

D’altronde semplici azioni come aggiungere “like”, commentare o cliccare su un post, spiegano ancora gli autori, non esprimono per forza qualcosa di significativo per gli utenti. L’algoritmo di Facebook tiene conto di queste cose, ma non cliccare sul bottone “mi piace” non vuol dire automaticamente che il contenuto non sia di valore. Quindi per valutare correttamente un articolo bisogna indagare la qualità del contenuto più che la quantità di interazioni.

Ma come fare? L’idea che ha prevalso è quella di basarsi sul lasso temporale passato su una pagina a leggere notizie, guardare foto, video e quant’altro. Il tempo, dunque, diventa sempre di più un fattore chiave (già lo era per qualsiasi sito di informazione, lo diventa ancora di più adesso). Stando a quanto deciso dal team di Facebook il tempo è la chiave che rivela le informazioni sull’importanza di determinati contenuti. In questo modo il social dovrebbe riuscire a posizionare in in maniera sempre più accurata i post del News Feed degli utenti e in particolare sui dispositivi mobile: le novità riguardano in prima battuta gli Instant Articles e le attività sul browser mobile. In un secondo momento si dovrebbe passare anche ai desktop.

Fondamentale anche un altro criterio: quella della pluralità delle fonti. Gli utenti che hanno preso parte al progetto hanno fatto richiesta di una sempre maggiore varietà delle fonti in modo da non ricevere troppi aggiornamenti dagli stessi editori. Da Facebook spiegano che non c’è alcuna intenzione di interferire nel traffico degli utenti e che nelle prossime settimane alcune pagine potrebbero avere, al massimo, un piccolo aumento del traffico di rinvio (cioè il traffico che arriva al sito tramite un link presente in un altro sito).

La decisione di Facebook sulle novità da introdurre nel’algoritmo del News Feed hanno acceso subito un dibattito: viene sancita in questo modo la vittoria del “Longform journalism” (gli articoli lunghi, spesso di approfondimento) contro i contenuti più brevi? Non necessariamente: la lunghezza di una storia in sé non si traduce in automatico nel tempo speso su una pagina. Anzi, l’esperto di tecnologia Will Oremus sottolinea sul sito Slate che “l’operazione intrapresa dal social network rientra nella mai sopita battaglia per colmare le lacune del suo algoritmo che non sarà mai perfetto”.

La questione tempo, in ogni caso, non è considerata centrale solo da Facebook: in tempi più o meno recenti altre società media, come il Financial Times, e di analisi, come Chartbeat, hanno deciso di focalizzarsi su quest’aspetto. E questo trend non sembra proprio esaurirsi, visto che il rapporto di co-dipendenza tra media e Facebook si è intensificato ancora di più con l’arrivo degli Instant Articles. In pratica si è stretto ancora di più il rapporto tra editori, società media e social network: le nuove tendenze dell’editoria vanno verso una relazione simbiotica tra le parti.

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