Nel corso dell’audizione in Commissione Cultura della Camera del sottosegretario Peluffo, il deputato Giuseppe Giulietti ha ricordato il disegno di legge sull’equo compenso per i giornalisti freelance. Da circa un mese la legge attende di essere esaminata dal governo Monti, dopo essere stata approvata in Commissione Cultura.
La proposta nasce dai risultati di un’indagine svolta dal CNOG (Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti), che ha evidenziato l’irrisorietà dei compensi erogati per collaborazioni di tipo autonomo, anche da parte di aziende che ricevono i contributi statali. Emblematico è il caso della Voce della Romagna, che nel 2008 pagava 2,50 euro a pezzo, riscuotendo però 2,5 milioni di contributi. In alcuni casi i pagamenti vengono effettuati in tempi assurdamente lunghi: il record è del quotidiano Liberal, che ha fatto registrare un ritardo di 365 giorni nella corresponsione del compenso. Dall’inchiesta risulta anche che solo il 19,5 % dei giornalisti iscritti all’albo fruisce di un contratto di lavoro subordinato: un motivo in più per emanare in tempi brevi una normativa che dia garanzie all’enorme massa di giornalisti freelance.
L’articolo 1 del provvedimento in esame definisce l’equità retributiva come la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Con una delibera annuale, l’Ordine dei Giornalisti fissava un Tariffario che stabiliva i compensi minimi in base ai differenti tipi di attività svolti da lavoratori autonomi. L’ammontare dei corrispettivi poteva essere determinato da diverse variabili (i compiti assegnati al giornalista, l’impegno necessario, il tempo richiesto), ma la delibera dell’Ordine elencava i prezzi al di sotto dei quali era impossibile andare, pena incongruità del compenso. Il prezzo minimo indicato ammontava a 25 euro.
Il Tariffario è stato oggetto di critiche da parte dell’Autorità Antitrust, che lo ha giudicato lesivo della concorrenza, in quanto l’adozione di tariffe uniformi e minime impedisce ai fruitori di servizi professionali di remunerare i servizi offerti con prezzi derivanti dal libero gioco della concorrenza. L’Ordine si è giustificato, facendo presente che il tariffario esiste principalmente per tutelare la posizione precaria del giornalista con contratto di lavoro autonomo.
Il Parlamento Europeo ha appoggiato l’Antitrust, approvando una risoluzione nella quale dichiarava che la fissazione di tariffe minime in relazione ad attività professionali e intellettuali avrebbe potuto costituire un ostacolo alla qualità dei servizi. Una decisione definitiva è stata presa con il d.l. 223/2006 che, in conformità ai principi comunitari, ha abrogato tutte le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe fisse e minime.
Il d.l. 223/2006 è stato approvato anche dalla Corte Costituzionale. Per la Consulta l’abolizione delle tariffe minime attiene alla tutela della concorrenza, riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117 della Costituzione.
L’articolo 2 del disegno di legge sull’equo compenso istituisce presso il Dipartimento dell’Editoria una Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico. La Commissione è composta da tre membri, due nominati dal Governo e solo uno designato dall’Ordine dei Giornalisti. Compito della Commissione è di definire i requisiti minimi di ammissione all’equità retributiva per i lavoratori autonomi, e di trasmetterli al Presidente del Consiglio. Inoltre ha il compito di pubblicare l’elenco degli editori che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi. I membri della Commissione non ricevono compensi, né emolumenti, indennità o rimborsi-spese.
L’articolo 3 stabilisce che le imprese editoriali devono essere presenti nella lista stilata dalla Commissione per poter avere accesso ai contributi pubblici. Trattasi di una disposizione a doppio taglio: da un lato tutela i freelance assunti da giornali che ricevono i contributi, dall’altro non tiene conto di quelli che non percepiscono aiuti statali.
Giuseppe Liucci
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