Nel 1991 De Benedetti effettuò una fusione: l’ incorporazione dell’ allora Repubblica con la Cartiera di Ascoli. Un’ operazione sulla quale la Commissione tributaria di Roma contestò successivamente un’ elusione fiscale, relativa ai benefici ottenuti e alle plusvalenze. Si aprì un contenzioso che ha portato, nel 2012, alla condanna in Appello con una multa da 225 milioni, lievitata per interessi fino agli attuali 388,6 milioni. Sui quali si doveva ancora esprimere la Cassazione, a cui i legali dell’ Espresso avevano fatto ricorso. Ebbene ieri si è appreso che Espresso e Fisco hanno raggiunto un accordo: il cda del gruppo editoriale Gedi «ha deliberato di avvalersi della facoltà offerta dal decreto» per chiudere la controversia. Gedi pagherà 175,3 milioni, di cui 70,1 entro lunedì, altri 70,1 entro il 30 novembre e 35,1 entro il 30 giugno. Peccato che nel frattempo l’ Espresso non è più solo della Cir dei De Benedetti: da qualche mese è operativa la fusione con Itedi (da cui è nata appunto Gedi) che ha ridotto la quota Cir dal 57 al 43%, con l’ ingresso degli Agnelli (ex Stampa, 5%) e dei Perrone (ex Secolo XIX, 4,4%), che dunque si trovano a «partecipare», pure loro al multone. Cose che capitano, soprattutto se per venirne a capo c’ è voluto un quarto di secolo. In ogni caso con questo accordo il gruppo riconosce di aver eluso il Fisco, anche se il cda dichiara di aver accettato «pur ribadendo la propria convinzione quanto alla legittimità civilistico-tributaria dell’ operazione». Hanno contato valutazioni sul rischio-Cassazione: un’ eventuale sconfitta poteva essere molto peggio. Mentre questi 175,3 milioni, diluiti come si è detto, non creano grandi problemi al bilancio: il rapporto che guardano gli analisti, quello tra debito netto ed Ebitda (i margini), è pari a circa 2,5 volte. Un valore considerato ampiamente sostenibile nell’ editoria. Certo, l’ Ingegnere e Gedi devono ringraziare l’ ad Monica Mondardini che, in questi ultimi 8 anni, ha portato la posizione debitoria del gruppo Espresso da negativa per 300 milioni a positiva per 40, quale è quella attuale. In grado quindi di assorbire una multa così importante (per la quale non sono mai stati fatti accantonamenti in bilancio) senza particolari ansie. Anche se poi il verdetto arriverà dalla Borsa alla riapertura di lunedì. Di sicuro, se la giustizia «civilistico-tributaria» fosse arrivata prima rispetto a questi 26 anni, magari quando l’ Espresso aveva 300 milioni di debiti, le cose potevano andare in maniera ben diversa e peggiore.
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