All’indomani del voto sulla proposta di legge Editoria dalla Camera filtra molta soddisfazione, ma c’è anche qualche voce che sottolinea che qualcosa di più poteva essere fatto. Le due firmatarie della pdl unificata, Maria Coscia del Pd e Anna Pannarale di Sel, hanno parlato della tutela del pluralismo. “La riforma dell’editoria approvata dalla Camera in prima lettura è un provvedimento di grande rilievo che affronta il tema del pluralismo e della libertà dell’informazione tutelati dall’articolo 21 della Costituzione”, ha detto la Coscia.
La capogruppo Pd in commissione Cultura ha poi affermato che “solo i grillini hanno tenuto una posizione pregiudizialmente contraria riproponendo vecchi e stantii argomenti, privi di fondamento, dimostrando di avere imparato rapidamente il peggio della vecchia politica. Oggi è ancora più chiaro qual è l’idea di libertà di informazione che ha il M5S: la dittatura del blog di Grillo e Casaleggio”.
La Coscia ha spiegato ancora che “finalmente abbiamo un provvedimento che affronta con una visione unitaria questo tema così delicato e importante: dall’offerta dell’informazione ai processi di distribuzione e vendita, dall’ordine dei giornalisti ai prepensionamenti. Il testo prevede l’istituzione di un fondo unico sia per l’editoria che per l’emittenza radiofonica e televisiva presso il ministero dell’Economia, gestito dalla presidenza del Consiglio e dal ministero dello Sviluppo economico”.
Si prende qualche merito anche la Pannarale che racconta: “Abbiamo votato a favore della legge sull’editoria perché grazie al nostro impegno il testo è stato migliorato rispetto a quello di partenza. Miglioramenti ci sono stati sul piano delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici con obbligo di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro come criterio di accesso ai contributi, sul piano delle risorse, ora più certe grazie al recepimento della nostra proposta di contributo di solidarietà”.
La deputata parla in particolare delle modifiche alla parte “che riguarda la rete di vendita con maggiori paletti per le edicole, il terminale più fragile, che potranno vedersi garantire una migliore parità di trattamento. I soggetti di riferimento di questa legge sono i piccoli editori e non più quelli che dipendono da gruppi finanziari o da quotazioni in borsa”, conclude la Pannarale, evidenziando ancora una volta la grande importanza di “un fondo certo e costante, che garantisca una pianificazione continua in favore delle realtà più piccole”.
Parla invece di “riforma a metà” il deputato della Lega Nord Stefano Borghesi: “Il testo arrivato in Aula risponde all’obiettivo prefissato, ma si poteva e si doveva fare di più. Si tratta di un provvedimento che, anche se lascia aperte alcune perplessità e criticità, è comunque un riconoscimento dell’importanza del pluralismo e della qualità dell’informazione, principi che la Lega Nord ha sempre portato avanti. Per questo esprimo il voto di astensione del gruppo, auspicando che presto si intervenga anche negli altri ambiti della comunicazione”.
Ma cosa è mancato? Secondo Borghesi ci sarebbe voluto “un po’ più di coraggio per arrivare fino in fondo e attuare una vera riforma organica del sistema. Nel dibattito sulla riforma Rai, ad esempio, bisognava destinare parte del canone alle tv locali che da sempre costituiscono un soggetto di servizio pubblico a garanzia del pluralismo informativo, sociale e culturale della libertà di espressione. Purtroppo, però, il governo ha scelto di avvantaggiare la concessionaria, laddove la Rai non svolge un servizio pubblico per i cittadini. E anche se nella legge di stabilità si è previsto di destinare alle tv locali parte delle eventuali risorse eccedenti il canone, ci è sembrato davvero troppo poco”.
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