La crisi dell’editoria è arrivata anche in Germania. E fa paura a tutti, in particolare tra gli addetti al settore. Forse perchè abituati a vedere il paese della Signora Merkel come la potenza economica dell’Unione europea sorprende apprendere che la crisi della carta stampata non fa sconti e non guarda in faccia nessuno, neanche i grandi gruppi editoriali tedeschi. La cancelliera in primis che lo scorso fine settimana ha spezzato una lancia in favore dei giornali promettendo di incentivare e sostenere progetti futuri legati al cartaceo innescando un vero e proprio dibattito politico sul futuro dei media negli ambienti politici tedeschi. E improvvisamente tutti sembrano essersi resi conto della drammaticità e dell’urgenza della situazione: secondo il presidente della Repubblica Federale Joachim Gauck i media sarebbero dinanzi a importanti cambiamenti, secondo il capo del partito tedesco FDP, Philipp Rössler, gli editori dovrebbero affrettarsi a comprendere e soddisfare le nuove esigenze dei lettori. Naturalmente fa impressione e preoccupa apprendere a distanza cosi ravvicinata dell’ insolvenza della “Frankfurter Rundschau” che dopo la Süddeutsche Zeitung, la Frankfuter Allgemeine Zeitung e la Welt è il quotidiano più letto, cosi come dello stato di insolvenza dichiarato dall’agenzia di notizie dapd, della chiusura del foglio serale di Norimberga Abendzeitung andato in stampa l’ultima volta il 29 di settembre e la chiusura del magazine cittadino Prinz di casa nella regione della Ruhr con edizioni a Colonia, Dortmund, Lipsia, Berlino e Amburgo. Senza contare che tutto questo significa anche il licenziamento per 60 giornalisti.
Fino alla notizia che ha ricevuto più attenzione di tutte, dell’ultima edizione del Financial Times Deutschland prevista per il 7 di Dicembre. Un giornale nato nel 2000 che in realtà non ha mai scritto cifre in nero e non ha mai trovato il suo posto sul mercato tedesco. Un giornale nato alla soglia di quelli che ancora erano tempi buoni per i giornali ma non abbastanza robusto per reggere i tempi critici che sono seguiti pochi anni dopo. Oltre al fatto, come dichiarato dall’editore Gruner + Jahr, che con la chiusura del FT, sono a rischio 300 collaboratori.
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