Editoria

Editoria, il super gruppo Espresso-Itedi che oscura la riforma

Doveva essere il giorno della riforma, ma è diventato il giorno della fusione Espresso-Itedi. O meglio, dell’integrazione. Dopo l’approvazione (in prima lettura) alla Camera del testo di legge per l’editoria a tenere banco è l’operazione tra L’Espresso ed Itedi (società editrice della Stampa e del Secolo XIX), in grado di generare ricavi per circa 750 milioni. Nasce il leader italiano dei giornali e dei periodici, ma la Fnsi chiede di vederci più chiaro e dal Corriere della Sera arriva un attacco. E intanto anche Gasparri si prende qualche merito

Dopo quasi un anno di lavori era arrivato il giorno della votazione alla Camera per la proposta di legge per la riforma dell’editoria. Ma improvvisamente arriva una notizia a scuotere il settore ed a catalizzare tutta l’attenzione mediatica: dalla fusione tra il Gruppo l’Espresso e Itedi è nato il nuovo super polo editoriale italiano. Il nuovo gruppo, sulla base dei dati registrati nel 2015, ha dei numeri davvero impressionanti, complessivamente parliamo di 5,8 milioni di lettori, 2,5 milioni di utenti unici giornalieri sui propri siti di informazione e 750 milioni di ricavi.

La prima questione a tenere banco riguarda la composizione societaria. La maggioranza delle quote del gruppo L’Espresso è detenuto per il 54% da Cir (Compagnie Industriali Riunite controllata dalla famiglia De Benedetti) e, per il restante 46%, da altri azionisti. Invece la quota di maggioranza di Itedi (77%) appartiene alla Fca e il 23% fa capo alla Ital Press Holding della famiglia Perrone. Nella nuova società la Cir avrà il 43% delle quote, i soci Fca l’11, mentre la Exor (società di investimento controllata dalla famiglia Agnelli) ed i Perrone il 5% a testa. Il restante 36% sarà reso flottante, cioè disponibile per trasferimenti a breve termine.

La fusione darà vita al leader italiano nel settore dei quotidiani e periodici, con un forte potenziale a livello di ricavi e di efficienze. Le parti si sono impegnate a sottoscrivere accordi definitivi entro il 30 giugno 2016, mentre il perfezionamento della fusione è previsto per il primo trimestre del 2017. Nel frattempo si dovranno ottenere le autorizzazioni da parte delle autorità e delle società. Il riassetto esprime una nuova alleanza tra famiglie che vivono di editoria da almeno due generazioni. E decisiva è stata proprio la seconda generazione con John Elkann e Rodolfo De Benedetti, affiancato da Monica Mondardini, che si sono impegnati in prima persona nell’operazione.

Ma quali testate risultano coinvolte nell’affare? Dalla parte dell’Espresso si tratta di Repubblica, dei suoi supplementi e della rivista che da nome al gruppo, oltre a 18 testate locali, 3 emittenti radiofoniche nazionali (Radio Deejay, Radio Capital e Radio M2O) e alcune reti televisive nazionali. I giornali locali del gruppo sono diffusi prevalentemente nel Nord e nel Centro Italia per 341,6 mila copie medie al giorno e sono: Alto Adige (Bolzano), Corriere delle Alpi (Belluno), il Centro (Pescara), Gazzetta di Mantova, Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio, il mattino di Padova, il Messaggero Veneto (Udine), la Nuova di Venezia e Mestre, la Nuova Ferrara, La Nuova Sardegna (Sassari), Il Piccolo (Trieste), la Provincia Pavese, Il Tirreno (Livorno), il Trentino (Trento), la Tribuna di Treviso, la Città di Salerno e infine il trisettimanale di Ivrea, la Gazzetta del Canavese.

Itedi è una società giovane, nata circa un anno fa dalla fusione del Secolo XIX, di proprietà dei Perrone, e la società editrice La Stampa (che portò con se le sezioni pubblicitarie Publikompass e Publirama). Nell’attesa dell’operazione, e dopo alcune anticipazioni di stampa del mattino, i titoli coinvolti alla Borsa di Milano hanno preso il volo. Il Gruppo l’Espresso in particolare ha segnato un balzo del 15,89% portandosi a 0,98 euro. Anche la Rcs è rimasta coinvolta dalla fusione perché nell’ambito dell’operazione Fca ed Exor usciranno dal capitale. Il gruppo del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport ha segnato un balzo a Piazza Affari del 7,21% a 0,61 euro.

Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri valuta la fusione con ottimismo e si prende qualche merito: “De Benedetti continua a darmi ragione, – scrive – quando varai la legge di riforma del sistema televisivo nacque un nuovo concetto di antitrust: nessuno avrebbe potuto possedere più del 20 per cento del Sic, sistema integrato delle comunicazioni, cioè dell’insieme fatto da televisioni, giornali, web, radio, pubblicità, libri. Ho anticipato i tempi con consapevole conoscenza delle dinamiche in corso. Niente colossi prepotenti, ma attenti ai troppi nani facilmente colonizzabili dai giganti mondiali dei media. De Benedetti, grazie alle nuove norme, comprò una rete televisiva. Oggi cammina ancora nel Sic e unisce Stampa, Repubblica, Secolo XIX, radio, tv digitali, giornali locali, siti web, periodici e molto altro”.

A fare da contraltare ci sono però la Fnsi ed alcuni esponenti politici, piuttosto dubbiosi su quanto potrà accadere dopo questa fusione. Da Genova il parlamentare Pd Mario Tullo si dice “preoccupato dal progetto di aggregazione del Gruppo Espresso con Itedi. Vi è infatti il rischio che il progetto editoriale-industriale possa portare ad un impoverimento dei contenuti e dello spazio dedicato alle realtà locali”. Al di là dei trionfalismi delle parti in causa, Tullo esprime preoccupazione anche per la questione occupazionale.

Anche la Fnsi fa sapere, attraverso il segretario generale Raffaele Lorusso e il presidente Giuseppe Giulietti, di voler valutare l’impatto di questi processi di aggregazione societaria sull’occupazione e sull’autonomia delle singole testate, pretendendo garanzie sulla qualità del prodotto e sul rilancio delle aziende. L’articolazione territoriale delle tre testate rappresenta un patrimonio da salvaguardare e difendere”. Per questo motivo i vertici del sindacato dei giornalisti chiedono un incontro con i vertici del nuovo gruppo editoriale.

Nell’ambito dell’operazione, Fca ha deciso di distribuire ai propri soci l’intera partecipazione di Rcs: “con questa operazione giunge a compimento il ruolo svolto, prima da Fiat e poi da Fca, per senso di responsabilità nel corso di oltre quarant’anni, che ha permesso di salvare il Gruppo editoriale in tre diverse occasioni, assicurando le risorse finanziarie necessarie a garantirne l’indipendenza e quindi a preservarne l’autorevolezza. In seguito al rinnovo del proprio Consiglio di Amministrazione, oggi Rcs Mediagroup dispone di una leadership chiara e di un Piano Industriale che stabilisce gli obiettivi al 2018, la cui realizzazione è già iniziata con buone evidenze sull’andamento dell’anno in corso”.

Ma dal cdr del Corriere della Sera non la pensano allo stesso modo. Anzi, i redattori, attraverso un comunicato, fanno sapere di provare “forte sconcerto e indignazione per la nota con la quale Fca ha annunciato il disimpegno da Rcs Mediagroup. È paradossale il riferimento ‘al senso di responsabilità’ sbandierato da Fca che si vanta di aver ‘salvato in tre diverse occasioni’ il gruppo Rcs assicurando ‘risorse finanziarie necessarie’”. Secondo il cdr la verità è diversa: “è sotto gli occhi di tutti come in questi anni, in cui il gruppo torinese è stato al primo posto tra i nostri azionisti con un ruolo decisivo nella scelta del management, la società editrice del Corriere della Sera sia stata progressivamente e pesantemente impoverita con scelte industriali disastrose. Come gli investimenti in Spagna, che ancora pesano in maniera decisiva sui conti del gruppo, e con un supporto finanziario del tutto inadeguato”.

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