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Editoria. La procedura sindacale per gli stati di crisi

Quando un’azienda vuole attivare uno stato di crisi, scattano le procedure previste dall’allegato D (Procedure di consultazione sindacale) del Contratto nazionale di lavoro giornalistico.
– Il primo passo è la presentazione da parte dell’editore del piano di ristrutturazione al Comitato di redazione e contemporaneamente alla Fnsi tramite la Fieg. Piano che verrà esaminato al tavolo di consultazione sindacale, insieme con il direttore, con l’obiettivo di definire una nuova organizzazione del lavoro, la conseguente necessità di organico e l’eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali.
– È il direttore a stabilire il nuovo organico redazionale e quindi anche a individuare i giornalisti da mettere in cigs e l‘eventuale modalità di rotazione, comunicando i criteri seguiti.
– La procedura di consultazione dovrebbe esaurirsi entro 25 giorni dalla data di richiesta di attivazione. Ma in caso di accordo tra le parti questo termine può essere superato.
– La richiesta di attivazione della cigs deve essere presentata all’Ufficio regionale del Lavoro se l’azienda ha sede in una sola Regione e al Ministero del Lavoro in caso di sedi in diverse Regioni.
– In caso di mancato accordo tra le parti nella fase di consultazione sindacale, di fronte a Ufficio regionale o Ministero del Lavoro sono previsti altri 25 giorni di procedura per raggiungere un’intesa. Altrimenti, la decisione finale di concessione o meno dell’ammortizzatore sociale richiesto dall’Azienda sarà assunta direttamente dall’ente pubblico interessato. Sapendo che potrà trattarsi solo di cigs, poiché per i prepensionamenti e per i contratti di solidarietà è obbligatorio un accordo sindacale.

LE REGOLE DELLA CIGS. Le imprese editoriali di quotidiani, periodici e agenzie di stampa possono chiedere la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale di particolare rilevanza sociale, per ristrutturazione e riorganizzazione e nei casi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria.
– La cigs ha una durata massima di 24 mesi. Viene concessa però con più decreti, ognuno di durata semestrale.
– La cigs è riservata ai giornalisti dipendenti da quotidiani, agenzie di stampa nazionali e periodici assunti da almeno tre mesi e quindi con pari periodo di contribuzione all’Inpgi.
– Nel periodo di cigs, il compenso è pari all’80% della retribuzione, con un tetto però stabilito annualmente per tutti i lavoratori di qualsiasi settore produttivo (non solo l’editoria): per il 2013 era pari a 1.085,57 euro lordi mensili per i giornalisti che hanno una retribuzione superiore a 2.075,21 euro mensili lordi (903,20 euro lordi mensili al di sotto di tale retribuzione).
– L’assegno di cassa integrazione è a carico dell’Inpgi, anche se generalmente viene anticipato dall’azienda.
– La cigs non interrompe il rapporto di lavoro con la propria azienda e quindi neppure l’anzianità di servizio. Il periodo passato in cigs, per esempio, viene calcolato a tutti gli effetti per gli scatti contrattuali di anzianità.
– Al termine della cigs, se le condizioni di difficoltà aziendale non sono state risolte e non viene raggiunta una nuova intesa sindacale per l’avvio di ulteriori ammortizzatori sociali, il datore di lavoro può procedere con i licenziamenti collettivi.

I PREPENSIONAMENTI. Le condizioni per attivare i prepensionamenti. Le imprese editoriali che vogliono utilizzare l’ammortizzatore sociale del prepensionamento devono presentare richiesta di attivazione della cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione e riorganizzazione in presenza di crisi aziendale. E quindi seguire tutte le procedure sindacali di legge e contrattuali previste per la cigs. Devono però necessariamente raggiungere un’intesa prima di presentare istanza al Ministero del Lavoro. Chi può andare in prepensionamento. I requisiti per il prepensionamento restano inalterati.
E sono tre:
-almeno 58 anni di età;
– almeno 18 anni di contributi Inpgi;
– non essere già titolare di altra pensione diretta (da altro ente previdenziale). Non è necessario rispondere ai primi due requisiti nel momento dell’attivazione della cassa integrazione: possono andare in prepensionamento tutti coloro che raggiungeranno i requisiti nel periodo di vigenza della cigs, quindi nell’arco al massimo di 24 mesi. Questo significa che anche coloro che hanno almeno 56 anni di età e almeno 16 di contributi all’inizio della cigs potranno utilizzare il prepensionamento.

Gli anni di “scivolo”. Rispetto alle normali regole per la pensione di vecchiaia, il giornalista interessato al prepensionamento può ritirarsi dal lavoro con un massimo di 7 anni di anticipo. Mentre i contributi figurativi possono essere pari al massimo a cinque anni di cosiddetto scivolo, fino a 30 anni di contribuzione complessiva. Non ha quindi diritto ad alcun contributo figurativo chi ha già 30 anni di contributi al momento del prepensionamento. Chi ha superato i 60 anni di età, invece, può avere uno scivolo non superiore alla differenza tra la propria età anagrafica e i 65 anni previsti per la pensione di vecchiaia. Facciamo qualche esempio pratico:

1) Collega con 58 anni di età e meno di 25 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a cinque anni pieni di scivolo.

2) Collega con 62 anni di età e meno di 25 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a tre anni di scivolo.

3) Collega con 58 anni di età e 28 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a due anni di scivolo.

4) Collega con 64 anni di età e 28 anni di contribuzione previdenziale: avrà diritto a un anno di scivolo.

5) Collega di 58 oppure 62 oppure 64 anni di età e 30 o più anni di contribuzione previdenziale: non ha diritto ad alcuno scivolo.

Chi paga i prepensionamenti. La rivoluzione positiva per i conti dell’Inpgi, con effetti indiretti ma non meno importanti sulla categoria, è arrivata nel 2009 con l’istituzione del Fondo statale per i prepensionamenti dei giornalisti da 20 milioni di euro l’anno. Questo significa che, da cinque anni, a pagare l’assegno fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione “normale” non è più l’Inpgi ma, appunto, lo Stato. Con un contributo non secondario anche da parte degli editori, che sono tenuti a versare il 30% della cosiddetta “riserva tecnica”, ovvero del costo complessivo del prepensionamento, per ogni singolo giornalista che accede all’uscita anticipata. Quanto si prende di pensione. Proprio grazie al varo nel 2009 del Fondo statale, con aggiunta del contributo delle aziende per singolo giornalista prepensionato, l’Inpgi ha potuto eliminare tutte le riduzioni, provvisoria e definitiva, che erano previste nel passato. Questo significa che i colleghi che accedono al pensionamento anticipato ricevono sin dal primo giorno l’assegno pieno.

Prepensionamento obbligatorio o volontario? Il prepensionamento è sempre volontario. Non è invece volontaria per legge, come abbiamo visto, la collocazione in cassa integrazione, ma dipende dal programma predisposto dall’azienda, in base all’organizzazione del lavoro stabilita dal direttore, ed è ovviamente oggetto della contrattazione al tavolo di consultazione sindacale. I tempi per chiedere il prepensionamento (e per ricevere l’assegno). L’opzione per accedere alla pensione anticipata va esercitata dal singolo giornalista entro 60 giorni dall’ingresso in cassa integrazione se ha già i requisiti dei 58 anni di età e 18 anni di contribuzione oppure entro 60 giorni dal raggiungimento di tali requisiti nel corso di vigenza della cigs. Altri 60 giorni di “finestra” scattano anche dopo l’emanazione del decreto ministeriale di concessione dell’ammortizzatore sociale, se non firmato in precedenza. L’assegno di pensione viene pagato dall’Inpgi a partite dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della richiesta, previe dimissioni dall’azienda. Se il giornalista in possesso dei requisiti per il prepensionamento viene posto in cigs prima dell’emanazione del decreto ha dunque una doppia possibilità: attendere il decreto restando in cigs, con il trattamento retributivo previsto dalla cassa integrazione, oppure presentare comunque le dimissioni dall’azienda con contestuale richiesta di prepensionamento, sapendo che l’assegno verrà corrisposto dall’Inpgi solo quando autorizzata appunto dal decreto, compresi però tutti gli arretrati a partire dal mese successivo alla richiesta di pensione. Nonostante sia chiara la convenienza economica della seconda opzione, molti colleghi negli ultimi tempi hanno ritenuto che dare le dimissioni dall’azienda per prepensionamento prima dell’arrivo del decreto facesse loro correre il rischio di trasformarsi in “esodati”. Il consiglio, concordato anche con l’Inpgi, è in questo caso di presentare dimissioni con “riserva”, ovvero specificando che le dimissioni sono finalizzate esclusivamente all’accesso al prepensionamento e nulle nel caso di mancata emanazione del decreto relativo. Questo vale in particolare quando si attende il primo dei decreti, che autorizza preventivamente il numero complessivo di prepensionamenti per l’intero periodo di cigs concessa. Ma il suggerimento è da tenere in conto, per massima sicurezza, anche per i decreti semestrali successivi.

I CONTRATTI DI SOLIDARIETA’. Le aziende che possono richiedere la cigs possono ricorrere anche ai contratti di solidarietà, non regolati dalla legge 416/81 ma dalle leggi 863 del 1984 e 236 del 1993. Questo ammortizzatore sociale deve però essere espressamente previsto da un’intesa sindacale.

– Anche la solidarietà è riservata ai giornalisti di quotidiani, agenzia di stampa nazionali e periodici.

– Il meccanismo di solidarietà prevede una riduzione della retribuzione proporzionale alla riduzione dell’orario di lavoro.

– Il 60% della retribuzione persa viene integrato dall’Inpgi: per una solidarietà al 10% lo stipendio del singolo giornalista viene indicativamente ridotto di circa il 4%, per una solidarietà al 20% viene ridotto dell’8% circa e così via.

– Negli ultimi anni, questa integrazione è stata aumentata grazie a fondi pubblici gestiti dall’Inps a favore dei lavoratori di ogni categoria. Fino al 2013 tale maggiorazione era pari al 20%, anche se negli ultimi due anni, a causa dell’intenso ricorso ai contratti di solidarietà a livello generale, la dotazione si era esaurita prima della fine dell’anno. Probabilmente per questo, per il 2014 la maggiorazione è stata ridotta al 10%.

– L’azienda che attiva la solidarietà ha una riduzione del costo del lavoro pari percentualmente alla riduzione dell’orario di lavoro e inoltre ha diritto a un abbattimento dei contributi previdenziali a partire dal 25% se la solidarietà è almeno al 20%.

– I contratti di solidarietà possono avere una durata tra i 12 e i 24 mesi, con possibilità di proroga per altri 24 mesi (36 mesi nelle aziende editrici delle regioni meridionali).

CHI E’ ANCORA ESCLUSO. Ci sono ancora moltissimi colleghi dell’industria dell’informazione completamente privi di ammortizzatori sociali, se si esclude l’assegno di disoccupazione previsto dall’Inpgi. Si tratta dei giornalisti delle agenzie locali, dell’emittenza radio-televisiva nazionale e locale, dei service e dell’online. Per questi colleghi si può ricorrere, in casi particolari e in base alla disponibilità di fondi pubblici del momento, alla cassa in deroga e alla solidarietà speciale. Quest’ultima prevede un contributo del 50% della riduzione delle retribuzioni, suddivisa a metà tra azienda e lavoratore.

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