Editoria

Editoria. Fnsi: “Dal nuovo governo ci aspettiamo più disponibilità al confronto”

La caduta del governo gialloverde apre nuovi scenari per l’editoria italiana. Ma non c’è da tirare nessun sospiro di sollievo, almeno per ora. Bisogna restare a guardare, alla finestra della politica, e verificare cosa accadrà.

Questa è la posizione della Fnsi che, però, fissa i paletti e fa un consuntivo dell’esecutivo Conte. «Se e quando ci sarà un governo ci auguriamo che voglia voltare pagina in materia di libertà di informazione ed editoria». Così Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana. «Serve – incalzano – forte discontinuità rispetto ad un’impostazione che, come dimostrano gli atti già adottati negli ultimi quindici mesi e quelli annunciati dal sottosegretario uscente all’Editoria, punta a indebolire il sistema dell’informazione professionale, a destrutturare il lavoro regolare e a colpire le aziende editoriali».

Per i vertici della Fnsi, «nessuna delle grandi riforme annunciate, dal conflitto di interessi alla Rai, dalle norme antitrust alla lotta al precariato, fino all’abrogazione delle querele bavaglio, è stata portata a compimento. In compenso, è stato tagliato il fondo per l’editoria, sono state colpite alle spalle centinaia di piccole aziende, si è tentato di commissariare l’Inpgi. Scelte e decisioni che hanno contribuito a peggiorare ulteriormente la posizione dell’Italia nei rapporti internazionali in materia di libertà di informazione».

Dal nuovo governo, «se nascerà – concludono Lorusso e Giulietti – ci attendiamo una disponibilità al dialogo e al confronto e l’impegno a rafforzare le condizioni a sostegno del lavoro giornalistico, a cominciare dall’adozione di provvedimenti straordinari per il contrasto del lavoro precario. Confidiamo, come sempre, nell’azione di equilibrio e di garanzia esercitata dal presidente Mattarella, che ha più volte richiamato l’attenzione sull’articolo 21 della Costituzione, ‘autentico presidio del nostro ordinamento democratico’».

Salvatore Monaco.

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