Sul suo sito web l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha pubblicato l’Osservatorio sulle testate online, un’interessante analisi sullo stato dell’editoria digitale. L’Agcom ha, perciò svolto un’accurata analisi strutturale del settore, tenendo conto delle strategie degli editori e delle performance economiche.
Il settore, rileva l’Agcom, è per natura difficile da delimitare, poiché non vi sono barriere normative o economiche che impediscano l’ingresso al mercato a nuovi soggetti. L’alto numero di attori rende anche difficile un censimento degli stessi. In base ai calcoli dell’Autorità gli editori presenti online sono un migliaio: quattro quinti di essi operano solo in rete. Il 68% dei soggetti attivi nel settore fattura meno di 100.000 euro annui. Il dato medio del fatturato ammonta a 20.000 euro e testimonia il carattere non commerciale di molte testate online, spesso mosse da poche risorse e molta passione. Le considerazioni economiche si legano a quelle sulle dimensioni delle testate. Quelle commerciali sono composte in media da 9 persone e 18 consulenti esterni. Quelle amatoriali sono spesso costituite da due persone: il giornalista-fondatore e l’addetto alle vendite e alla pubblicità. Non esistono perciò figure intermedie che si occupino della redazione dei contenuti.
In merito alle strategie degli editori, il Garante ritiene che essi cerchino di ritagliarsi un potere nel mercato attraverso la differenziazione, sia orizzontale che verticale. La differenziazione orizzontale riguarda il posizionamento del prodotto presso il pubblico. Dal punto di vista dell’editore la specializzazione della propria testata offre la possibilità di fruire di un vantaggio competitivo in un sistema altamente concorrenziale. Il 46% delle testate online è specialistico: tra queste il tema più trattato è lo sport (41%). Le testate generalistiche si caratterizzano ,invece, con l’appartenenza geografica. Oltre la metà di esse ha un profilo locale. La provincia è la dimensione territoriale ottima minima della testata online.
La differenziazione verticale riguarda la qualità dei contenuti proposti. La carenza di adeguate risorse impedisce agli editori di investire nella professionalità dei giornalisti. Vi è penuria anche di professionalità tecniche, concentrate tutte nelle realtà editoriali di più grosse dimensioni. I social media sono lo strumento privilegiato per le interazioni con i lettori (Facebook è il più utilizzato)
La pubblicità è il principale mezzo di finanziamento delle testate online. Modelli di pagamento per i contenuti informativi non riescono ad attecchire. Solo il 13% degli editori sul web offre contenuti esclusivamente premium: trattasi di testate iperspecializzate, rivolte ad un pubblico professionale. La maggior parte delle pubblicità (70%) viene venduta direttamente. La natura locale di molte realtà editoriali favorisce il rapporto tra testate e inserzionisti. Google è, invece, il principale intermediario, dal momento che veicola circa il 15% della pubblicità online.
Alla luce delle informazioni sopra elencate, l’Autorità ha provato a inquadrare l’editoria digitale in un modello interpretativo. Esiste una bipartizione dei modelli di business: la maggior parte delle testate si finanzia con la pubblicità; altre offrono i loro contenuti specializzati a una clientela professionale. Non esiste alcuna offerta capace di stimolare i consumatori a pagare contenuti informativi di tipo generalista. Le testate generaliste, pertanto, utilizzano criteri ideologici e geografici per arrivare alla differenziazione del prodotto informativo.
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