Avanti, alzi la mano chi sarebbe disposto a scommettere gli spiccioli per il caffè sul fatto che, di qui a qualche anno, si ritroverà a lasciare Facebook per passare a Google+. Nessuno? Tu là in fondo? No, nemmeno tu. Non vi biasimo, anch’io per molto tempo sono stato un fiero e convinto detrattore del social network di Mountain View. Oggi però, non escludo più a priori la possibilità di arrivare a preferire le cerchie alle contorte impostazioni sulla privacy di Zuckerberg e Co., e non solo perché Larry Page e soci stanno facendo di tutto per spingermi nel recinto Google+, ma anche, e soprattutto, perché il team Google+ sta adottando una strategia a lungo termine che sembra molto più lucida di quella di Facebook.
Numeri e statistiche a parte, Facebook negli ultimi tempi non sembra passarsela troppo bene. A partire dal deludente debutto in borsa, la piattaforma di Mark Zuckerberg ha cominciato a cambiare, nel tentativo di massimizzare le opportunità di monetizzazione (e quindi di targeting pubblicitario), spesso a discapito della qualità del servizio e, naturalmente della privacy degli utenti. Novità come gli Sponsored Ads, la Timeline, Facebook Gifts e test azzardati come i messaggi a pagamento , la promozione a pagamento dei propri status e gli auguri di Capodanno programmati , sembrano più cuciti a misura di investitore che d’utente.
Ma al di là di questo, in generale Facebook sta giocando una partita in difesa , lo dimostrano l’acquisizione di Instagram, il lancio dell’applicazione Poke (che aveva il chiaro intento di intercettare il successo che sta avendo Snapchat). Lo stesso aggiornamento delle impostazioni sulla privacy , più che una risposta alle sempreverdi accuse da parte delle associazioni di tutela della privacy, ha il sapore di un tentativo per convincere gli utenti a condividere di più e con maggiore tranquillità.
Per ora il primato di Facebook rimane imbattuto e probabilmente rimarrà tale ancora per diversi mesi. Tuttavia, il mondo del web, e in particolare quello social, sta cominciando a evolversi, a mutare, a sperimentare nuovi tipi di condivisione e di fruizione della rete condivisa. Le piattaforme di social curation, come Pinterest, i primi discovery engine, i portali come BuzzFeed, lo stesso Twitter, stanno cominciando a presentare un’offerta radicalmente diversa da quella di Facebook e dei tradizionali social network. Se davvero sarà questa la prossima transizione nel panorama Web, Facebook potrebbe presto ritrovarsi a recitare un ruolo da eccellente comprimario.
E Google+? Per Google+ la situazione è un po’ diversa. Il motivo è semplice: Google+ non è propriamente un social network. È piuttosto uno strumento, un versatile strumento di interazione e condivisione studiato per essere applicato a un’ampia varietà di servizi diversi. Come ho anticipato a inizio articolo, questo è il prodotto di una strategia a lungo termine che appare sempre più azzeccata.
Dopo aver certificato l’impossibilità di stare alle calcagna di Facebook limitandosi a offrire un prodotto di qualità (e per certi versi migliore), Larry Page e soci hanno deciso di cambiare tattica. Da un lato hanno cominciato a creare connessioni a Google+ per ogni minuscolo angolo dell’ecosistema di servizi Google, con il risultato che, a detta dello stesso Page, oggi Google+ è integrato in oltre 100 servizi legati a Google (tra cui YouTube, Gmail, Zagat e persino Google Play). Dall’altro hanno cominciato a “forzare” gli utenti ad aprire un profilo Google+ al momento dell’iscrizione ad alcuni servizi Google. Stando ad alcune indiscrezioni, la quantità di servizi per cui è obbligatorio un account Google+ sarebbe destinata ad aumentare , e gli analisti non esitano a intravvedere dietro a questa urgenza la necessità di rispondere all’ingresso di Amazon nel mercato della pubblicità ultra-personalizzata.
Certo, questa tendenza coercitiva può irritare e spaventare l’utenza (a volte, del resto, gli executive di Google sembrano comportarsi come il Gatto e la Volpe di Pinocchio), ma la realtà è che sempre più persone stanno abbandonando gli indugi per affidarsi alle insolite acque di Google+. Se a giugno gli utenti che hanno utilizzato le funzionalità Google+ erano 150 milioni (non si parla necessariamente di iscritti, anche di chi ha semplicemente cliccato un +1), a fine anno questa cifra era ormai schizzata a quota 235 milioni .
Se da un lato infatti Google sta facendo di tutto per indurti a condividere con Mountain View un’enorme mole di dati personali, dall’altro è anche vero che il servizio fornito da Google+ è funzionale ed efficace e, per quanto possa suonare strano, persino meno invasivo di Facebook. È vero, Google ha bisogno dei tuoi dati per prendere meglio la mira dei suoi cannoni pubblicitari, ma per ora all’interno di Google+ non si intravede una singola inserzione pubblicitaria. Inoltre, almeno sulla carta, Google garantisce che il tuo nome e le informazioni personali a esso collegate saranno utilizzate solamente per indirizzarti pubblicità personalizzate, non verranno cedute o rese visibili a inserzionisti o a chiunque altro.
Va bene, Deotto, ma qual’è in definitiva, questa strategia a lungo termine di cui ci hai tanto parlato? Ora ci arrivo. La vera differenza tra Facebook e Google+, è che mentre Facebook è un social network centralizzato, ossia una piattaforma che punta a diventare (non riuscendoci, ancora) il baricentro dell’attività web dei suoi utenti, Google+ è un social network decentralizzato, ovvero un pacchetto di strumenti social estremamente versatili e funzionali che può servire ad “aumentare” l’esperienza di qualsiasi altro servizio. Google sta ragionando in questi termini, e infatti, piuttosto che inventarsi nuove e originali funzionalità per battere la concorrenza, cerca di integrare il più possibile Google+ nell’universo Google.
Se in futuro avere un profilo social non sarà più così importante, se fra qualche anno la gente avrà smesso di passare tempo sui social network, Google+ potrebbe continuare a sopravvivere nella sua essenzialità, come strumento complementare per interagire con altri utenti nell’ambito di altri servizi. Volendo guardare oltre l’orizzonte odiern, preferirei scommettere i miei spiccioli su uno strumento simile, che su un Facebook imperituro.
C’è maretta al settimanale Oggi: i giornalisti hanno sfiduciato il direttore Andrea Biavardi, subentrato a…
Facendo seguito alla nostra circolare n. 25/2024 segnaliamo che con Decreto del Capo del Dipartimento…
Fumata bianca ad Askanews: l’assemblea dei giornalisti dà il via libera alla proposta di prepensionamenti.…
Facendo seguito alla nostra circolare n. 25/2024 segnaliamo che con Decreto del Capo del Dipartimento…
Le cose cambiano, tutto scorre direbbe Eraclito. Sono passati meno di cinque anni dal 2020,…
Le associazioni degli editori europee sono pronte a ingaggiare battaglia contro Google. Per il caso…