Dopo tante indiscrezioni, il ministro dello Sviluppo Economico,
Corrado Passera avrebbe deciso: “Il beauty contest verrà azzerato”. Le frequenze tv saranno vendute agli operatori interessati e non
più assegnate gratuitamente, come stabilito
dal precedente governo Berlusconi. Per disfare quanto stabilito, il governo potrebbe
perfino ricorrere al decreto legge.
Secondo quanto riportato ieri su un articolo di Repubblica, nell’annuncio di Passera sembra
esserci un’altra novità che, seppure indirettamente,
coinvolge il mondo dell’editoria in
senso più ampio, giornali di carta inclusi.
L’asta infatti sarebbe fatta di pacchetti di
frequenze con durate diverse. Perché? Alcuni
multiplex in palio, tra quelli con banda
super veloce (700 Mhz), a partire dal 2015
dovranno essere destinati – in base alle indicazioni
Ue – alla banda larga mobile. Per
questo motivo è probabile che si preveda
un’assegnazione “a termine” per alcune frequenze.
Dopo il 2015, su quelle frequenze,
torneranno a viaggiare con maggiore facilità
– specie per gli utenti “mobili” – tutti i
contenuti del web. Eppure questa maggiore
fruibilità dei bit che si spostano on line
potrebbe rinsaldare la posizione di forza
che gruppi come Google hanno conquistato
nei confronti di protagonisti più tradizionali
del mondo dei media. Il motore di ricerca con sede a Mountain
View, è
in cima alle preoccupazioni
dei grandi editori perchè fa
uso di contenuti creati dai giornalisti dei
vari gruppi editoriali per comporre un notiziario
gratuito (Google News), e poi perché
lo stesso motore di ricerca non prevede il riconoscimento
di un “equo compenso” agli
editori nella forma di una compartecipazione
ai ricavi pubblicitari. Argomenti
già al centro di un’istruttoria aperta
dall’Antitrust nel 2009 su sollecitazione degli
editori e poi chiusa alla fine del 2010 con
l’impegno di Google a rispettare paletti precisi.
Alcuni aspetti di questo gentlemen’s
agreement scadono però in estate e, anche
se per ora nessuna procedura ufficiale è
stata aperta, il nuovo presidente dell’Antitrust,
Giovanni Pitruzzella, avrebbe già
messo la testa sul dossier.
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