La Federazione italiana editori di giornali, presieduta da Boris Biancheri, lo scorso 8 maggio, ha presentato il rapporto sulla stampa in Italia. Ma nell’illustrare al mercato il panorama sui lettori di quotidiani a pagamento e gratuiti ha usato i dati Censis e non quelli Ausipress. Società che, di mestiere, rileva, appunto, i lettori della stampa italiana e di cui la stessa Fieg è socia.
Senza nulla togliere all’autorevolezza delle rilevazioni Censis, sembra naturale che questo istituto non possa cogliere nello specifico ogni singolo settore della società italiana. Quella dell’Audipress è un’indagine molto più specifica.
L’aspetto più paradossale della vicenda è che la ricerca Audipress costa milioni di euro all’anno ai soci della Fieg e in particolare agli editori che si chiedono perché sprecare tanti soldi per una ricerca che poi non viene usata.
Ma c’è anche un altro motivo di tensione. Lo spaccato che emerge sui lettori di quotidiani a pagamento e di lettori della free press è piuttosto diverso tra le due indagini. La free press, nei dati Censis, rispetto ad Audipress, è sottostimata. E la cosa, poiché la gran parte dei soci Fieg edita giornali a pagamento, non può che destare malumori. In base al rapporto della Fieg sul panel dell’intera popolazione italiana, il 67% legge quotidiani a pagamento, il 34% quotidiani gratis, il 79% legge almeno un tipo di quotidiano. In base ai dati Audipress sullo stesso panel il 74% legge quotidiani a pagamento, il 22,1% quelli gratis e il 76,8% almeno un quotidiano.
Da anni Audipress indaga sul mondo intero della stampa quotidiana, sia pay sia free. I centri media usano oramai quasi solo Audipress nella pianificazione degli investimenti pubblicitari, la validità e l’autorevolezza dei dati, insomma, è riconosciuta da tutti. Tranne che dalla Fieg.
Vincenza Petta