Una volta c’erano personaggi come Renato Vallanzasca o Luciano Lutring, e Milano era temuta per la sua ligera, la malavita locale. Oggi, invece, è in cima alle classifiche per il ‘Cyber crime’, la criminalità informatica che agisce e si diffonde attraverso la rete, prendendo come bersaglio i pc che utilizziamo ogni giorno. Un segno dei tempi. Lo dice una ricerca realizzata dalla Symantec, azienda produttrice di antivirus: Milano è la capitale italiana dei software malvagi e dello spam, con il tasso di rischio maggiore per quanto riguarda attacchi e violazioni informatiche rispetto al resto del Paese. Nella classifica europea siamo al settimo posto dopo Manchester, Amsterdam, Stoccolma, Parigi, Londra e Dublino, ma subito prima di Roma che è in ottava posizione.
L’indagine, effettuata in collaborazione con la società di ricerca indipendente Sperling’s Best Places, prende in considerazione il numero di attività cybercriminali che arrivano e partono dai computer cittadini, e attribuisce un punteggio a ciascuna città secondo alcuni parametri. Da una parte ci sono le valutazioni sulla presenza di ‘indirizzi Ip Spam’ (cioé computer connessi a Internet utilizzati per inviare a ciclo continuo email con offerte commerciali non richieste e spesso sgradite) e di hacker e cracker, ovvero individui che attaccano siti web con diversi obbiettivi.
Su questi parametri il punteggio di Milano è ai massimi, 100 punti su 100 per entrambi i fattori. Dall’altra parte ci sono i tentativi di attacco da parte dei cosiddetti ‘malware’, programmi creati con il solo scopo di causare danni più o meno gravi a un computer o un sistema informatico: i tanto odiati virus, per intendersi. Qui il punteggio registrato è di 88 su 100.
Milano non si trova sul podio della classifica europea soltanto perché il livello di diffusione dei computer, dell’uso di Internet e degli hot spot wifi è più basso rispetto ad altre città europee. «Alcuni parametri dell’indagine spiega Silvia Signorelli di Symantec Italia riguardavano anche la diffusione della banda larga e degli smartphone. Da noi sono risultati tra i più bassi». Ovvero, non siamo i peggiori d’Europa solo perché siamo meno ‘connessi’ degli altri. «Quello che dobbiamo augurarci – aggiunge Signorelli – è che, parallelamente alla crescita della banda larga e alla diffusione degli smartphone e del wifi, cresca anche la consapevolezza dei rischi che si corrono sul web».
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