“Urge regolamentare il social-shopping”, questo il controcanto del Segretario generale di Adiconsum, Pietro Giordano, ai buoni dati fatti registrare nell’ultimo anno dall’e-commerce in Italia. Due ricerche che si parlano: da una parte quella sull’andamento del commercio elettronico realizzata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, e dall’altra quella elaborata da Adiconsum sulle segnalazioni di reclami giunte all’associazione dei consumatori. La prima dice che gli acquisti online sono aumentati del 19 per cento rispetto all’anno precedente, quelli eseguiti da dispositivi mobili viaggiano addirittura a tre cifre, e che i gruppi d’acquisto e i servizi di couponing online – sul modello di GroupOn – trainano la crescita. La seconda invece racconta che proprio le realtà di social shopping sono le principali fonti di problemi per l’acquirente, dato che ogni quattro reclami 3 riguardano prodotti e servizi acquistati tramite piattaforme che permettono piattaforme che permettono di fare acquisti collettivi a basso costo online. L’unico modo in cui si interviene a difesa dell’acquirente danneggiato finora è affidato alle iniziative individuali delle associazioni a tutela dei consumatori.
Mobile e social – Le dimensioni del mercato del commercio elettronico in Italia sono ormai giunte a quota 10 miliardi di euro (9,6 le stime entro fine dicembre). Cresce anche il numero di acquirenti che, coi 3 milioni nuovi di quest’anno, oggi sono 12 milioni in tutto. Rispetto agli altri Paesi europei il volume di affari è migliorato ma resta ancora la metà di quello francese, un quarto di quello tedesco e un sesto rispetto al britannico. La vendita online di prodotti cresce più di quella dei servizi che comunque restano la voce più consistente in bilancio (il 65 per cento del totale). Il settore che ha la quota di mercato maggiore è il turismo (46%), seguito a distanza dall’abbigliamento (11%). In netta espansione il mobile commerce, anche se resta ancora una piccola fetta della torta (il 2%). Molto più importante il dato sul social commerce i cui operatori rappresentano la stragrande maggioranza (il 90 per cento) delle prime duecento aziende di e-commerce, e che si rivelano molto più intraprendenti ed efficaci nel reperire e coinvolgere i clienti sulle piattaforme di social network.
Reclami – “Abbiamo capito che c’era qualcosa che non andava e abbiamo aperto due indirizzi di posta appositi per le segnalazioni – racconta Giordano a Sky.it – Uno per i reclami relativi all’e-commerce in genere (ecommerce@adiconsum.it), e uno dedicato proprio al social shopping (socialshopping@adiconsum.it)”. Ed effettivamente l’intuizione non è stata sbagliata visto che da ottobre 2011 a settembre 2012 delle 2200 segnalazioni inviate, tre su quattro riguardavano problemi riscontrati con prodotti e servizi di couponing. La gamma di disservizi lamentati dagli utenti va dal mancata consegna di beni, alla difformità dei servizi acquistati, fino al mancato recesso in caso di prodotti che non soddisfacevano gli acquirenti.
Le associazioni per la tutela dei consumatori non sono rimaste a guardare e hanno siglato accordi con l’associazione dei commercianti online (Netcomm) per riconoscere ai clienti i diritti di cui abitualmente godono quando acquistano prodotti offline. “Il problema è che le aziende intermediarie di social shopping non si comportano come i commercianti tradizionali e troppo spesso non rispondono di ciò che non viene realizzato da chi fornisce prodotti o servizi.” Questo avviene nonostante chi fa da intermediario in molti casi trattenga fino al 50 per cento del prezzo pagato dall’utente, come ha fatto notare nei giorni scorsi il segretario generale dell’Unione Consumatori Italiani Massimiliano Dona.
Rimedi – Posto che una regolamentazione sia urgente, anche per non minare la fiducia dei consumatori verso l’e-commerce, Adiconsum e l’Unione Nazionale Consumatori hanno le idee chiare: innanzitutto la responsabilità in solido di chi gestisce le piattaforme di social commerce “che di fatto – spiega Giordano – è legge ma non viene rispettata anche perché i protagonisti del couponing sono americani e non riconoscono la normativa europea. Poi c’è il grande problema legato al post-vendita, che è scarsa o del tutto assente in caso di acquisti social”. Alcuni si sono organizzati e offrono buoni spesa in caso di risarcimento, il che però in certi casi non è abbastanza. Come non abbastanza è la durata della garanzia dei prodotti: “Questo è un problema che si incontra con molte aziende non europee che offrono in molti casi solo un anno di copertura anziché i due che nella Ue sono riconosciuti un diritto di chi acquista un bene”.
Per ora l’accordo tra Adiconsum e Netcomm è in vigore e i casi di disservizi vengono trattati uno per uno, ma “noi cerchiamo di ottenere certezza anche a livello collettivo”. A indagare sul social shopping ora c’è anche l’Antitrust italiana che in tempi brevi dovrebbe pronunciarsi in proposito. Per evitare che i propri diritti vengano lesi, in vista delle spese natalizie – che l’anno scorso hanno trainato gli acquisti tramite couponing online – si possono seguire alcune semplici regole disponibili sul vademecum realizzato daAdiconsum. Se poi si incontrano comunque problemi, conviene sempre scrivere alle associazioni di categoria.
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