Il giornalista precario? E’ colui che fa di tutto pur di vivere di giornalismo ma che non sempre ci riesce. Il giornalista precario scrive di cronaca nera, rosa, giudiziaria, scrive di economia, di cultura, fa interviste, inchieste, reportage, scoop, scrive notizie brevi, lanci di agenzia quando necessario e realizza approfondimenti. (…) Il giornalista precario ha un telefono che non è aziendale e si sposta con mezzi propri, quando non deve usare quelli cittadini. È precario perché a fine mese la sua busta paga, sprezzante delle ore effettivamente lavorate, è più misera di quella di un commesso part-time e molto spesso deve ricorrere all’ammortizzatore sociale d’eccellenza: la famiglia.
Ma ad essere precaria è anche, e soprattutto, la sua professionalità: se un precario guadagna, come attestano alcuni dati, 2,50 euro lorde a notizia, allora come potrà arrivare ad una cifra ragionevole in fondo alla giornata? Semplice, producendo una quantità enorme di notizie di dubbia efficacia.
Essere precari vuol dire anche dover trascurare, per poter mangiare, la propria professionalità. Perché non si potrà sempre cercare lo scoop né sperare di fare sempre l’ “inchiesta della vita”, poiché per questo servono energie e molto tempo. Tempo che un precario del giornalismo non ha e che deve occupare per una missione ben più importante: guadagnarsi da vivere.
Testo tratto da “Due euro al pezzo: inchiesta sul nuovo precariato giornalistico”, tesi di laurea della studentessa in giornalismo, Chiara Baldi.
[…] un evidente rischio per il pluralismo e per la tenuta stessa delle istituzioni democratiche”. Il giornalismo povero e precario non potrà far granché per assicurare la tenuta della democrazia e l’applicazione concreta del […]