L’accordo è fatto, la firma ancora non c’è. La Sardegna diverrà la più grande regione digitale d’Europa, ma non dal primo marzo, com’era previsto. Perché per attuare l’intesa trovata ieri, se martedì prossimo i principali operatori la sottoscriveranno, ci vorrà tempo. Si arriverà a fine estate, magari anticipando a Cagliari.
Quello che si è concluso ieri, infatti, è solo il primo tempo di una partita delicata e combattuta. Il risultato finale dipenderà dall’assegnazione delle frequenze. In ciascuna delle quali, una rete digitale può trasportare cinque-sei programmi tv. Le frequenze sonò state definite nel verbale steso ieri, dopo tre giorni di dibattito. Se la mediazione raggiunta non sarà firmata da tutti gli operatori, l’Autorità per le comunicazioni approverà una delibera indicando le frequenze sulle quali dovrà trasmettere la tv digitale in Sardegna.
Si tratta di 29 frequenze, a cui se ne aggiungono altre 15, le quali però, al contrario delle prime, non sono al sicuro da interferenze da parte di tv “confinanti” (Francia, in particolare). Delle 29 frequenze, 21 avranno una copertura superiore all’80% del territorio. Saranno assegnate 14 alle tv nazionali e sette alle tv locali. La legge, infatti, prevede che queste ultime abbiano il 30% delle frequenze prevista dai Piani d’assegnazione.
A queste 21 reti se ne aggiungono due che avranno la stessa copertura del territorio ma una minore capacità trasmissiva in termini di larghezza di banda (sono frequenze VHF, le altre UHF). Visonopoialtresei frequenze, le cui reti avranno una copertura inferiore all’80% del territorio ma una capacità trasmissiva pari alle 21 “principali”.
Le restanti 15 avranno una copertura inferiore al 60% del territorio. Di queste, dieci saranno destinate alle televisioni locali, per 17 frequenze complessive, mentre per le altre cinque si attenderà l’esito delle trattative con gli Stati confinanti (anche via mare: quest’ultimo favorisce la propagazione del segnale).
Ogni rete digitale trasmetterà in tutta la regione con la stessa frequenza (tecnicamente si chiama Isofrequenza, SFN) tranne una della Rai – l’attuale multiplex A, dove trasmettono Rai 1, Rai 2 e Rai3, – che potrà contare su due frequenze (rete k-SFN). Potrebbero essere le due con minore capacità trasmissiva ma ottima copertura del territorio e della popolazione, quella indispensabile al servizio pubblico? La Rai, in ogni caso, ha intenzione di dedicare una rete a contenuti per la tv mobile, con standard Dvb-h.
Le tv nazionali dovrebbero avere 22 frequenze, se si deciderà di dar loro le sei che coprono meno dell’80% del territorio. In questo caso, ci sarà un “dividendo” per tutti gli operatori e lo Stato, proprietario delle frequenze, chiederà il suo dividendo digitale, ovvero due frequenze tra le 14 riservate alle nazionali tra quelle a massima copertura e capacità. Restano da decidere i criteri in base ai quali saranno assegnate le frequenze (l’Ue richiede che siano trasparenti, proporzionati e non discriminatori).
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