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E’ rivoluzione (quasi) continua nella blogosfera. Fresche le notizie sull’addio di Andrew Sullivan al suo “Dish” che per un quindicennio ha spopolato negli Usa, e che abbiamo documentato nei giorni scorsi
Altrettanto recenti le news sul netto calo del blog made in Grillo dalle nostre parti: “contrastanti con dati che non mostrano tale trend”, per alcuni, “provenienti da una fonte di parte”, secondo altri (la fonte è Alexa, del gruppo Amazon, leader sul fronte delle statistiche internet e partner di Google nel determinare il ranking dei siti).
Ma torniamo agli States. Nella hit a stelle e strisce, dopo il Dish made in Sullivan, da una quindicina d’anni ha fatto segnare la sua presenza “Instapundit”. Vediamo subito una new fresca fresca. 21 febbraio 2015, da Repubblica: “L’attacco-shock di Giuliani: ‘Barack non ama l’America’”. Scrive Alberto Flores D’Arcais dagli Usa: “Non sono pochi coloro che, tra opinionisti, accademici o blogger, sottolineano come il presidente abbia troppe volte sottovalutato o addirittura ignorato il carattere e le dimensioni religiose del terrorismo”. E poi: “’Barack Obama non ama l’America’: in questo tweet non si parlava di Islam, ma fosse stata opera di uno sconosciuto o un anonimo commento social nessuno ci avrebbe fatto caso. Ma visto che l’accusa arriva da Rudolph Guliani finisce inevitabilmente tra le notizie top del giorno”.
A postare il tweet di Giuliani – che farà subito il giro del mondo – è due giorni prima, il 19 febbraio, alle 10 e 37, Glenn Reynolds, fondatore, animatore e commentatore principe di Instapundit.com. Queste le testuali parole, riportate in tempo reale da Instapundit, dell’ex sindaco di ferro di New York e candidato senza successo alla Casa Bianca: “Io non credo – e so bene che questa è una cosa orribile da dire – ma io non credo che il presidente ami l’America”.
Un vero e proprio anti Obama Day, quel 19 febbraio. Perchè da Instapundit parte un vero fuoco di fila. E’ sempre Reynolds a postare un flash dal National Journal: “Obama ha cambiato il partito, non il Paese. Il presidente Obama ha convito i suoi Democratici a fare quello che lui vuole. Ma nessun altro lo segue”. Quindi un tweet dell’analista Roger Kimball: “Islam o la perversione dell’Islam? Sotto Barack Obama è ormai dolorosamente chiaro che ‘Noi non siamo in guerra con l’Islam’. Ma la tragedia – se ne stanno accorgendo tutti tranne Barack Hussein Obama – è che l’Islam è in guerra non noi”.
E’ un vero crescendo che trova il suo acme nelle riflessioni di Jeb Bush, un padre e un fratello presidenti e lui stesso in pole position per la prossima Casa Bianca: “Il più grande errore di Obama è stato il ritiro dall’Iraq nel 2011, dopo che la sua amministrazione sventolava i presunti successi del 2010. Se vogliamo ancora parlare degli errori di Bush pre 2008, allora parliamo di tutti gli errori di Obma post 2008. E sono stati errori colossali, sia in Iraq che in Afghanistan, dopo ha sì inviato altre truppe, ma in misura del tutto insufficiente rispetto a quanto chiedevano i vertici militari”. Nel blog compaiono degli ulteriori post, come un “flashback 2008” (“Obama dice che il genocidio preventivo non è una buona ragione per stare in Iraq”) e un “fatto”: “Obama ha mantenuto la promessa di lasciare l’Iraq. Romney ha definito l’idea di far tornare le truppe a casa ‘tragica’”. E poi la chicca del fotomontaggio: un selfie di Obama e alle spalle il pilota giordano ingabbiato e bruciato.
Una vita un storia, quella di Glenn Reynolds. Giovanissimo avvocato, segue la campagna di Al Gore del 1988. Un democratico convinto, quindi, che perderà man mano di ideali lungo il percorso: si definisce “libertario”, anzi un “libertario transumanista”. Ma è di certo l’11 settembre a segnare la svolta decisiva. Era appena partito, qualche settimana prima, col suo blog, Instapundit, nato tra le aule dell’Università del Tennessee, dove teneva un corso su “Legge e Internet”. Sarà la Guerra al Terrorismo l’ago della sua bussola, una feroce critica ai democratici e forti strigliate agli stessi repubblicani, colpevoli – anche loro – di una politiche troppo allegre sul versante della spesa pubblica. Ma non manca di strizzare l’occhiolino al mondo dei diritti civili. Ecco come lui stesso “si sintetizza”: “Personalmente, vorrei vivere in un Paese dove coppie gay felicemente sposate abbiano i cessi pieni di bombe d’assalto”. Più chiari di così… Negli ultimi anni, una campagna anti-Obama sempre più accanita, fino a chiederne le dimissioni per la vicenda del filmmaker Nakoula Basseley Nakoula. E in questi mesi gli attacchi ad un presidente praticamente accusato di filo islamismo.
Lui, comunque, fa sapere che il mondo dei grandi mezzi d’informazione non è morto: “non penso che verranno rimpiazzati dai blog”. Il blog è l’amico della porta accanto, la voce che ti sussurra frasi, tweet e pensieri in libertà. Che poi ti condiziona. Che passa anche attraverso i media tradizionali. Sì, perchè secondo Reynolds “il giornalismo è una conferenza, il blog è una conversazione”.