Il caso internazionale che sta vedendo in queste ore protagonista l’ex direttore dell’Avanti! spinge un po’ tutti a riflettere sull’utilità dei contributi ai giornali di partito. Tanto più che ciò che sta accadendo al giornale che era del Psi non è un caso isolato. Terra, Liberazione, La Padania stanno tutti attraversando un brutto periodo.
Sapere che l’ex giornalista e ex direttore dell’Avanti usava i soldi dei contributi pubblici per riempire i suoi “loschi” conti esteri, che dichiarava copie inesistenti e spese fasulle solo per gonfiare i bilanci e avere diritto a maggiori introiti, fa stizzire tutti, soprattutto perché si tratta di soldi pubblici. Ma non bisogna cadere nella tentazione di fare di tutta l’erba un fascio e di sparare sui giornali di partito come se il problema fossero loro e non il sistema che permette (o meglio, permetteva) certi “imbrogli. Il primo a cadere in tentazione è stato il numero uno della maggiore associazione degli editori, Giulio Anselmi, presidente Fieg. Giovedì scorso, durante la presentazione dello studio “La stampa in Italia 2009-2011” ha affermato che i giornali di partito non hanno diritto ai contributi pubblici.
A rispondergli è stato – lo stesso giorno e nella stessa sede – il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Paolo Peluffo che, commentando le vicende giudiziarie del ‘caso Lavitola’, ha affermato che «i contributi diretti all’editoria saranno erogati solo a certe condizioni» ma che vanno mantenuti. «Il sostegno all’editoria – ha spiegato Peluffo – è strategico, oggi più che in passato. Le poche risorse che ci sono bisogna usarle bene e in maniera trasparente». Dunque, meno contributi ma erogati solo a chi li merita e calcolati in base alle copie effettivamente vendute e non più su quelle distribuite, ai giornalisti regolarmente assunti, alle spese per l’acquisto di carta e per la distribuzione.
Giudizio negativo nei confronti delle dichiarazioni del presidente Fieg è stato espresso dal senato del Pd, Vincenzo Vita (Pd) perché Anselmi «da una parte, lamentare la diminuzione delle vendite dei giornali e dall’altra auspicare l’abbattimento del fondo editoria. Quest’ultimo – prosegue Vita – è anche destinato ai giornali politici, ma è dedicato complessivamente alle testate cooperative e di movimenti di opinione che, per loro natura, non possono sottostare alle pure leggi del mercato dominato da grandi concentrazioni editoriali. Tra l’altro, molto spesso, i giornali politici hanno una storia e una consistenza di tutto riguardo».
Quello che sfugge al presidente della Fieg – si legge in un articolo pubblicato da L’Unità – è che i giornali di idee, compresi quelli di partito, sono parte della libertà di un Paese: contribuiscono alla circolazione delle opinioni anche quando queste si scontrano con le logiche di mercato. Dovrebbe essere una preoccupazione anche di Anselmi: garantire il pluralismo oltre le attuali distorsioni del mercato che penalizzano i più deboli e assicurano i maggiori vantaggi ai più forti, anche sul piano dei sostegni pubblici. Purtroppo è più facile cavalcare il vento dell’antipolitica e dare sponda a chi sarebbe ben felice di veder morire un concorrente».
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