E questa volta un accordo trasversale di base ha permesso di approvare, anche se in prima lettura, la proposta di legge in tempi brevissimi. Dopo il lungo confronto in commissione Cultura, confronto diremmo formale più che sostanziale, in quanto in sostanza il testo come era così è rimasto, il dibattito in Aula è durato poche ore; anzi si potrebbe dire che non c’è stato: i soliti attacchi del movimento cinque stelle, che probabilmente su alcuni punti avrebbe meritato maggiore attenzione, qualche polemiche sulla scelta di attingere risorse dalla tassa più odiata dagli italiani, il canone Rai e poco altro.
Il tema principale, quello del delega alla gestione dei fondi al pluralismo, è stato relegato in un angolo, se ne è parlato poco, e quando se ne è parlato, se ne è parlato male. Nessun parlamentare ha posto il quesito della sostenibilità di un’ipotesi, che diventa nel caso fattispecie concreta, di maggioranza chiamata a tutelare le minoranze. Una discussione serena su questo punto sarebbe stata in grado di contribuire anche a spiegare il futuro degli assetti istituzionali del Paese, anche alla luce della riforma costituzionale su cui gli italiani saranno tenuti a pronunciarsi con il referendum in autunno. Pluralismo, informazione, democrazia, minoranze, argomenti che potevano accendere un vero dibattito in Parlamento che, da solo, avrebbe reso la legge sull’editoria, ed i relativi lavori parlamentari meritevoli di autonoma lettura.
Di tutto questo non c’è stata alcuna traccia, tranne poche frasi di qualche esponente di sinistra e libertà. Un passaggio, quindi, in cui di fatto, sono state ratificate decisioni assunte dal Governo e, formalmente, iscritte al partito democratico. Modifiche pochissime. E meno male; è passato un emendamento, con maggioranza bulgara 411 voti a 19, talmente corretto da un punto di vista politico da rendere obbligatoria una riflessione sulla politica: i giornali che accedono ai contributi, e quindi solo quelli, non possono pubblicare inserzioni pubblicitarie lesive delle forme e del corpo delle donne. No comment.
Per approfondire: leggi il resoconto stenografico della seduta alla Camera del 1° marzo
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