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Diritto d’autore e rassegna stampa, la Fieg non molla la presa

Rassegna stampa, continua la crociata di Fieg

Circa 600 dipendenti per un giro d’affari di quasi 70 milioni di euro all’anno. Questa, in pillole, la radiografia del settore delle aziende italiane che operano e vivono, prevalentemente, di rassegna stampa. Sì, ci siamo capiti bene. Stiamo parlando proprio di quell’attività che consiste nel selezionare articoli, foto e interviste su periodici e giornali per conto del cliente di turno (ente, azienda pubblica o privato che sia).
Un lavoro che difficilmente si riesce a fare da soli. A meno di non volersi comprare tutti i santi giorni una cinquantina di copie di giornale, posizionarle sulla scrivania e poi sfogliarle una per una, fino a trovare l’articolo o il servizio che ci interessa. Sempre che questi non sia sfuggito prima al nostro occhio, oramai stanco di visionare l’ennesima pagina.
Una faticaccia insomma. Che porterebbe via almeno mezza giornata di lavoro.
Per fortuna c’è chi lo fa per noi. Ovviamente dietro pagamento. Il che, in fondo, è un po’ la stessa cosa. Perché o si decide di internalizzare il “taglia e cuci” e dunque si investe sulla figura professionale che dovrà occuparsene, oppure lo si affida all’esterno, mettendosi nelle mani di chi la “selezione” la fa di mestiere ed è senz’altro più bravo ed efficiente di noi.
Elementare, no? direte voi. Già. Peccato non sia così. Infatti, nel variegato mondo dell’editoria tricolore c’è chi vede come il fumo negli occhi una scelta del genere. Fino a spingersi a bollarla come una delle tante cause della crisi che da qualche anno sta affliggendo il mondo della carta stampata.
L’antifona è di quelle chiare: se non si comprano più i giornali la colpa, è anche di quelle aziende che vivono esclusivamente di rassegna stampa. E che, nel fare questo, oltre a sottrarre copie vendute alle edicole “fotocopiano” articoli e servizi diffondendoli tra uffici e segreterie varie. E cos’è questa se non una sacrosanta violazione del diritto d’autore?
Nei giorni scorsi la Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg) ha protestato, in maniera veemente, contro la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati che ha deciso di bocciare la legge relativa alle rassegne stampa. Una norma già approvata dal Senato, che prevede la corresponsione di un compenso agli autori ed agli editori di articoli di giornali utilizzati per la realizzazione di rassegne.
Sì, perché quello che la Federazione ha invocato non è tanto “il divieto di fare rassegne stampa”, quanto l’obbligo, per chi le realizza “di corrispondere un compenso a chi ha firmato gli articoli e a chi li ha pubblicati”. Questo perché, come sottolineato dalla stessa Fieg: “il diritto d’autore sul contenuto dei giornali non può essere posto in discussione”. E’ la legge che lo dice.
Proviamo a tradurla in soldoni: fotocopi notizie? Estrapoli articoli dai giornali? Danneggi chi ci ha lavorato? Bene, puoi farlo. E’ lecito. A patto però che tu riconosca una sorta di “indennizzo” agli editori per questa tua attività di “selezione”: un onere iniziale di percentuale calcolato al 4% , ma crescente nel tempo sino all’8%, sul fatturato imponibile.
Ora la domanda nasce spontanea: è tutto qui il danno arrecato? Le rassegne “sottraggono” quote di mercato ai giornali fino all’8 per cento del proprio fatturato? Chiariamo. Non siamo mostri in matematica, ma l’8 per cento di 70 milioni fa, poco più, di 5 milioni e mezzo. Giusto? E sarebbe questo l’indennizzo da devolvere alla causa degli editori? E che potranno mai farci i giornali “danneggiati” con quei “bruscolini” se solo pensiamo all’enorme cascata di milioni utilizzata, fin qui, per pagare i prepensionamenti, la ristrutturazione e la cassa integrazione dei principali fogli del Belpaese? Fidatevi: al confronto, stiamo veramente parlando di spiccioletti.
Ma c’è di più. Questa vera e propria “crociata” contro le imprese che vivono di rassegna stampa reca il timbro della Fieg. E la Fieg viene identificata, automaticamente, come la massima espressione del mondo della carta stampata italiana. Tutto giusto, tutto vero. Tutti sanno però (strano che non se ne parli) che non c’è solo la Fieg a rappresentare l’arcipelago dei giornali. E che il numero degli editori che hanno deciso di non iscriversi alla Federazione sia a dir poco mostruoso.
Però fa testo il diktat della Federazione Italiana Editori Giornali. E poco importa che altre sigle e associazioni abbiano deciso di non accodarsi alla battaglia ingaggiata dalla struttura di via Piemonte. Fino a sposare addirittura le rivendicazioni di Assorassegne, l’associazione nazionale che tutela i diritti delle agenzie di rassegna stampa. E che giustamente si batte per conservare la possibilità di fare impresa agli operatori del settore, che impiegano, lo abbiamo già detto, oltre 600 addetti in tutta Italia. Chiarimento bis: le imprese del settore sarebbero anche pronte a giungere a un accordo con gli editori. Anzi: auspicano che l’intesa sia raggiunta presto, in uno di spirito di collaborazione che tuteli sì le aspettative degli editori, ma anche quelle di istituzioni, aziende e personaggi pubblici che da tempo immemore utilizzano ritagli e rassegne stampa per esercitare la tutela della propria reputazione. Un patto, insomma, che non sia a perdere. E che lasci anche a chi non si rivede nell’arcipelago Fieg la possibilità di esprimere il proprio eventuale dissenso.

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