Si è tenuto alla Camera l’atteso convegno sulla tutela del copyright organizzato dal Forum Innovatori di Sel e da numerose associazioni. Il dibattito ha generato proposte alternative a quella avanzata dall’Agcom nel mese di luglio. Saranno presto esaminate due disegni di legge, presentati rispettivamente da Francesco Palermo (Gruppo Autonomie) e da Francesco Catalano (vicepresidente Commissione Poste) e Mirella Liuzzi (M5S). Ciò su cui tutti gli esperti concordano è l’eccessivo potere che l’Agcom si attribuisce nella fase di rimozione delle violazioni. L’avvocato Fulvio Sarzana ritiene che l’enforcement debba essere affidato al Ministero dell’Interno e alla magistratura. L’esperto ne fa una questione di tempi e competenze, sostenendo che il giudice ha più strumenti per considerare il fair use, la liceità della citazione non autorizzata di materiale protetto da copyright nell’opera di un altro autore. L’istituto, disciplinato dal comma 1bis, art.70 delle legge sul diritto d’autore, fa leva sulla mancanza di scopo di lucro nella violazione del copyright. Sarzana chiede una più netta linea di demarcazione tra i casi protetti da fair use e quelli caratterizzati da finalità lucrative. Un’altra iniziativa interessante proviene dal “paladino della rete” Stefano Quintarelli, deputato di Sc. Per Quintarelli l’Autorità dovrebbe concentrarsi solo sulle piattaforme che favoriscono la pirateria, non focalizzandosi sulle violazioni degli utenti. E’ un approccio che traspare già dalla delibera . Nella procedura non è coinvolto il downloader, la persona fisica o giuridica che scarica opere digitali sul proprio terminale o suo uno spazio condiviso. Si assegna carattere prioritario alla lotta contro la pirateria massiva. E’ anche vero, però, che alcune disposizioni relative all’enforcement, la decisione di eliminare col rito abbreviato i messaggi che incoraggino indirettamente alla fruizione di opere in violazione del copyright, smentiscono i preamboli dell’Autorità. E’ una procedura che darebbe vita ad una miriade di segnalazioni verso i provider, in contraddizione con l’indirizzo dettato dall’Agcom. Chi non cerca compromessi è l’AIIP, per il quale il provvedimento è da rifare quasi in toto, ad eccezione della parte dedicata alla promozione legale delle opere. L’associazione dei provider contesta sempre il ruolo di “sceriffi della rete” che la delibera attribuisce agli intermediari. Il presidente Paolo Nuti dichiara che il ricorso a tecniche di deep packet inspection viola la protezione dei dati personali degli utenti e,quindi, il principio di neutralità della rete. L’Agcom conta di approvare definitivamente il provvedimento a novembre, così da permetterne l’entrata in vigore nel 2014.
Giannandrea Contieri
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