Sabato
9 febbraio entra
in vigore la contestata modifica
alla legge sul diritto d’autore che permette
la pubblicazione su internet di "immagini e musiche degradate per usi
didatti e scientifici". Si tratta della prima norma in Italia ad autorizzare la
pubblicazione online di intere opere coperte da copyright, ma
anche la prima a stabilire limiti qualitativi alla diffusione sul web. Un
successivo decreto ministeriale dovrà, infine, indicare i confini per gli usi
didattici e scientifici.
Insomma:
una norma con qualche liberalizzazione e molti paletti. Ma vediamola nel
dettaglio. Questo il testo del nuovo comma 1 bis (art. 70) in vigore da sabato:
È consentita la libera
pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e
musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo
nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro
per i beni e le attività culturali (…) sono definiti i limiti all’uso
didattico o scientifico di cui al presente comma.
Le
ambiguità del testo saltano subito all’occhio. Si parla di "musiche",
senza citare la parte letteraria: sono escluse quindi le trasmissioni
radiofoniche e, secondo alcune interpretazioni, addirittura anche le
canzoni (il fatto che il comma non liberalizzi le opere testuali
rafforza quest’idea). Si parla di "immagini", termine che include le
fotografie ma, stando al resto della legge, escluderebbe i video. Si parla di "degrado",
senza dare alcuna definizione o riferimento in proposito. Si parla di "usi
didattici o scientifici": termini presenti in più punti nella legge sul
diritto d’autore ma dei quali manca una definizione univoca. Mancano, infine, i
limiti di utilizzo che verranno istituiti per decreto dal prossimo ministro
della cultura.
Allo
stato attuale, perciò, si ha per le mani una norma che si presta alle più
diverse interpretazioni ed è quindi difficile e pericolosa da applicare. In
attesa del decreto ministeriale che potrebbe cambiare lo stato delle cose,
si è scatenato un putiferio in rete. Da un lato c’è chi afferma che gli mp3
e le immagini jpg, essendo formati compressi, sono per loro stessa
natura degradati e quindi liberamente scambiabili. Dall’altro chi afferma che il
degrado sarà stimato in base agli standard della rete (e sarà quindi ancora
maggiore), visto che il testo si riferisce specificamente all’uso su internet.
Altri ancora propongono
stime differenti. Molte perplessità anche sul cosa siano gli "usi
didattici e scientifici" e su quali saranno i limiti a riguardo imposti dal
futuro decreto: non ci sono, infatti, precedenti univoci in questo senso.
Insomma:
una legge animata da buoni propositi ma che rischia di trasformarsi in un
pericoloso boomerang per il mondo della Rete, perché nessuno può
sapere come verrà applicata.
Solo pochi giorni fa, intanto, il giurista Andrea
Monti in un’intervista a Repubblica.it aveva acceso le speranze di
molti navigatori e blogger nazionali; secondo Monti, a causa di un errore, la
nuova legge liberalizzerebbe lo scambio peer to peer di materiale coperto da copyright. Immediate le
repliche critiche,
tra le quali quella del noto giurista informatico Guido Scorza che parlava di
"un’iperbole difficilmente sostenibile". Enzo Mazza, presidente FIMI
(Federazione dell’industria musicale italiana), intanto, cassava ogni speranza
sul nascere affermando: "la legge non ci preoccupa perché sappiamo già
come sarà il decreto che fisserà i paletti: per uso didattico si intenderanno
solo i siti che si occupano ufficialmente di didattica, quindi istituzioni
accademiche. Nemmeno i siti personali di professori".
Un’affermazione che ha lasciato interdetti in molti, poiché, se interpretata
letteralmente, prefigurerebbe la conoscenza anticipata da parte dell’industria
musicale di un decreto di esclusiva competenza del Ministero, il quale dovrebbe
emanarlo tutelando gli interessi di tutti i cittadini: non solo quelli delle
major. Ma qual è la genesi di questa nuova norma? E perché è nata con un
testo così approssimativo? Facciamo un passo indietro. Il nuovo comma,
approvato nel dicembre 2007 su proposta della Commissione Cultura di Pietro Folena, nasce dalla
pressione esercitata dal web e dalla comunità di Wikipedia a seguito della nota vicenda sulla
"libertà
di panorama" (ovvero l’impossibilità di riprodurre liberamente
sul web monumenti e palazzi). La prima versione del testo, infatti, parlava
esplicitamente di liberalizzare gli usi "didattici ed enciclopedici"
sul web: ciò di cui si occupa Wikipedia, insomma. In seguito alla discussione,
si è poi deciso di modificare il testo in un più generico "usi
scientifici".
Non solo: la norma è stata inserita quasi di straforo all’interno di un disegno
di legge che prevedeva alcune modifiche allo status della SIAE,
modifiche molto importanti ed utili per le corporazioni coinvolte e quindi
urgenti da approvare. Si tratta, insomma, di una norma animata da intenti
innovativi ma scritta ed approvata in grande fretta e avendo in mente un singolo
problema, quello di Wikipedia (problema, a quanto pare, nemmeno risolto). Difficile e pericoloso applicarla ora
all’intero Web, oltrettutto in mancanza del decreto attuativo che indicherà i
limiti alla libertà di diffusione. La situazione governativa italiana non
lascia presagire tempi brevi per l’emanazione del decreto, né si può intuire a
priori quali saranno le direzioni politiche che lo ispireranno a seguito delle
prossime elezioni. Intanto, in attesa di novità, l’estrema cautela sulla
pubblicazione online di materiale coperto da copyright resta d’obbligo.
Sul nuovo Comma
1 bis si è detto di tutto, ma è presto per gridare al miracolo come
alcuni stanno facendo in questo giorni. Non tanto per le nuove libertà che più
o meno concederebbe, piuttosto perché mancando sia la definizione di "degradazione"
sia quella di "uso didattico e scientifico", si ha per le
mani quello che Gaber chiamerebbe un gabbiano ipotetico, col quale si rischia di
schiantarsi contro dei comignoli in cemento armato. Il solo fatto che
l’industria discografica abbia plaudito
al nuovo comma è un segno sintomatico.
Secondo Andrea Monti, intervistato da Alessandro
Longo su Repubblica.it, il nuovo testo permetterebbe addirittura lo
scambio peer to peer di mp3 coperti da diritto d’autore, purché
"degradati" e con scopo "didattico o scientifico". Monti
giustifica ciò dicendo 1. che la divulgazione didattica è un diritto
costituzionale e perciò chiunque può praticarla; 2. che gli mp3 sono per loro
natura degradati e perciò liberamente scambiabili. Che la didattica sia un
diritto di tutti è palese, ma la legge afferma anche chiaramente che con un
successivo decreto saranno stabiliti dei precisi limiti (non sul "chi la
fa", ma eventualmente sul "come" e sul "cosa è"). Non
solo, la segreteria del capo dello stato interpellato sulla vicenda, non
ha ravvisato problemi di costituzionalità (poi c’è sempre
la Corte Costituzionale..
.). Anche su cosa sia la "degradazione" ci sono varie opinioni, quella
di Monti è una delle tante, e comunque doverla verificare in tribunale non
sarebbe troppo piacevole.
Perciò
ogni annuncio dato prima d’avere una definizione precisa della situazione è
velleitario, soprattutto perché rischia d’istigare a commettere illeciti
che possono ancora tranquillamente essere valutati come tali: se una
qualsiasi azienda ci denunciasse per violazione del diritto d’autore, ha tre
gradi di giudizio per dimostrare che abbiamo torto, una vasta giurisprudenza a
favore, e un nutrito numero di colossi economici alle spalle. Qualcosa di molto
simile al peggiore girone di Dante.
Non
solo: annunciare con clamore fatti dubbi è un sostanzialmente un errore, poiché
ora tutte le corporazioni interessate saranno (anche comprensibilmente) sul chi
vive, e faranno pressioni sul ministero affinché il decreto attuativo contenga
una definizione eccessivamente restrittiva della legge. Perdendo anche quegli
aspetti innovativi che si prospettavano. Se poi, come afferma il presidente FIMI
Enzo Mazza nell’intervista a Repubblica, "la legge non ci preoccupa perché
sappiamo già come sarà il decreto che fisserà i paletti", siamo davvero
a cavallo (pure in Zambia sarebbe stata imposta un’immediata smentita, e sarebbe
scoppiato un caso mediatico. Ma siamo in Italia).
Altra
questione: come si farà a circoscrivere la diffusione delle musiche e delle
immagini degradate al solo ambito didattico e scientifico? Non esiste
un’internet per scienziati. Che nel decreto attuativo si finirà per parlare di sistemi
DRM, abbonamenti, o cose simili? Tutto è possibile, anche perché
non sappiamo quale ministro eleggerà il prossimo governo e quali saranno i suoi
orientamenti politici.
Quindi,
prima di cominciare a diffondere discografie "degradate" di Vasco
Rossi, Jovanotti e compagnia bella mossi da alti scopi "scientifici"
è meglio rifletterci almeno un paio di volte. Vero è che la terminologia
utilizzata nel comma 1 bis è molto più vicina a quella di una canzone di
Tricarico che a quella di una legge dello stato italiano, e si presta alle più
esotiche interpretazioni (sia estremamente aperte, sia, pure, sostanzialmente
invariate). Ma il problema è proprio questo, e non va sottovalutato. (Luca Spinelli)
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