Diritti, un patrimonio sotto attacco
Una cosa è certa. I produttori e i distributori di cinema hanno subito in questi anni una vera e propria depauperazione del proprio patrimonio di diritti. Non solo per colpa della pirateria, ormai un costume nazionale, che però ha avuto e ha un ruolo importante e decisivo. La tv da tempo ha ridotti i prezzi di acquisto dei film, privilegiando le produzioni “televisive”. Magari chiedendo ai produttori, in cambio del finanziamento, i diritti per tutte le modalità di sfruttamento, in modo da ridurre le possibilità di affermazione delle nuove piattaforme (tranne quelle controllate direttamente). Lo Stato, da parte sua, ha ridotto il suo impegno finanziario, le Regioni l’hanno sostituito solo in parte e in modo disomogeneo, e vi sono nuove modalità di finanziamento, dal tax credit reso permanente al product placement.
Consumo legale e rilancio del settore
La crescita di una cultura del consumo legale di audiovisivo è condizione stessa di sopravvivenza e speranza di rilancio. Costruirla non è facile, ma quanto accade nella musica, con l’affermazione di Spotify, induce all’ottimismo. Il portale dell’Anica appare forse ancora poco centrato sul cinema italiano, ma chi ci lavora assicura che si tratta solo dei primi film caricati: le trattative in corso porteranno a una grande maggioranza del prodotto nazionale sul totale dell’offerta. I prezzi sembrano allineati a quelli del mercato. Il pagamento con la sola carta di credito può limitare l’accesso ai giovani, ma si stanno preparando altre forme di retribuzione da parte del pubblico.
Il mercato italiano tra filiera tv e cinema
Il vero problema è cambiare le condizioni di un mercato povero e concentrato allo stesso tempo. I vertici dell’Anica sembrano decisi a fare dei passi in questa direzione nei confronti della politica. L’assetto del sistema audiovisivo nazionale, strana e anomala combinazione di concentrazione e di frammentazione, nella filiera televisiva e in quella cinematografica, impoverisce la produzione di contenuti e gli stessi operatori. Basterebbe calcolare quanto valgano i diritti “in pancia” a Rai e Mediaset che non sono nè utilizzati nè sfruttati, ma congelati per impedire la crescita di nuovi concorrenti. Oppure sono venduti direttamente dalla tv alle altre piattaforme, anzichè dai produttori.
Tozzi (Anica): ciascuno faccia bene il suo mestiere
Riccardo Tozzi, presidente dell’Anica, presentando Anicaon Demand lo ha detto chiaramente: «Ciascuno faccia bene il suo mestiere. Le grandi multisale diventino gli Eataly del cinema, quelle piccole un gioiello. I diritti siano liberi, non controllati da chi fa un altro mestiere, e questo vale anche per le tv». O si pensi al numero di reti e frequenze digitali assegnate ai due incumbents televisivi, in eredità dall’analogico. Il Cinema, oggi, insomma, ha un compito e una necessità: provare a c
Da lunedì mattina AnicaOnDemand è attiva con la sua offerta in Rete di cinema legale. Non a caso, nel giorno in cui entra in vigore il regolamento dell’Agcom sulla tutela del diritto d’autore on line. Il regolamento è ora atteso alla prova. L’obiettivo è doppio: far rimuovere contenuti illeciti dalla Rete (su denuncia dei proprietari dei diritti), e rafforzare l’offerta legale degli stessi. Lo hanno voluto con forza gli editori e gli autori, lo contrastano alcuni giuristi e molti utenti del Web. Il 10 aprile dovrebbe insediarsi il Comitato tecnico, che vede al suo interno tutte le parti in causa, compresi i provider di Internet e i consumatori.
Diritti, un patrimonio sotto attacco
Una cosa è certa. I produttori e i distributori di cinema hanno subito in questi anni una vera e propria depauperazione del proprio patrimonio di diritti. Non solo per colpa della pirateria, ormai un costume nazionale, che però ha avuto e ha un ruolo importante e decisivo. La tv da tempo ha ridotti i prezzi di acquisto dei film, privilegiando le produzioni “televisive”. Magari chiedendo ai produttori, in cambio del finanziamento, i diritti per tutte le modalità di sfruttamento, in modo da ridurre le possibilità di affermazione delle nuove piattaforme (tranne quelle controllate direttamente). Lo Stato, da parte sua, ha ridotto il suo impegno finanziario, le Regioni l’hanno sostituito solo in parte e in modo disomogeneo, e vi sono nuove modalità di finanziamento, dal tax credit reso permanente al product placement.
Consumo legale e rilancio del settore
La crescita di una cultura del consumo legale di audiovisivo è condizione stessa di sopravvivenza e speranza di rilancio. Costruirla non è facile, ma quanto accade nella musica, con l’affermazione di Spotify, induce all’ottimismo. Il portale dell’Anica appare forse ancora poco centrato sul cinema italiano, ma chi ci lavora assicura che si tratta solo dei primi film caricati: le trattative in corso porteranno a una grande maggioranza del prodotto nazionale sul totale dell’offerta. I prezzi sembrano allineati a quelli del mercato. Il pagamento con la sola carta di credito può limitare l’accesso ai giovani, ma si stanno preparando altre forme di retribuzione da parte del pubblico.
Il mercato italiano tra filiera tv e cinema
Il vero problema è cambiare le condizioni di un mercato povero e concentrato allo stesso tempo. I vertici dell’Anica sembrano decisi a fare dei passi in questa direzione nei confronti della politica. L’assetto del sistema audiovisivo nazionale, strana e anomala combinazione di concentrazione e di frammentazione, nella filiera televisiva e in quella cinematografica, impoverisce la produzione di contenuti e gli stessi operatori. Basterebbe calcolare quanto valgano i diritti “in pancia” a Rai e Mediaset che non sono nè utilizzati nè sfruttati, ma congelati per impedire la crescita di nuovi concorrenti. Oppure sono venduti direttamente dalla tv alle altre piattaforme, anzichè dai produttori.
Tozzi (Anica): ciascuno faccia bene il suo mestiere
Riccardo Tozzi, presidente dell’Anica, presentando Anicaon Demand lo ha detto chiaramente: «Ciascuno faccia bene il suo mestiere. Le grandi multisale diventino gli Eataly del cinema, quelle piccole un gioiello. I diritti siano liberi, non controllati da chi fa un altro mestiere, e questo vale anche per le tv». O si pensi al numero di reti e frequenze digitali assegnate ai due incumbents televisivi, in eredità dall’analogico. Il Cinema, oggi, insomma, ha un compito e una necessità: provare a cambiare quella sua parte “chiamata”. (sole24ore)
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