Diritti tv. Babbo Natale porta 6 miliardi di euro al baraccone della lega calcio

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Un Natale felice per i 20 presidenti di serie A: in arrivo circa 6 miliardi di euro, la possibilità di programmare con maggiore fiducia il futuro. Si sta sbloccando infatti la questione dei diritti tv, che in Italia sono la principale fonte di ricavo dei nostri club (ed è un errore). Merito, diciamolo, delle sette sorelle, i club (Juve, Inter, Roma, Fiorentina, Sassuolo, Sampdoria e Verona), che nell’estate scorsa, esattamente il 27 agosto, hanno chiesto alla Lega di serie A di rivedere certe strategie nella vendita dei diritti tv. Le sette sorelle sono state guidate in questi mesi dal presidente della Juventus, Andrea Agnelli, e hanno ottenuto il risultato sperato: ora altri club, anche medio-piccoli, si sono resi conto che bisognava cambiare sistema, e che certe decisioni in Lega dovevano essere collegiali e non più legate a pochi individui (i soliti…). L’assemblea dei presidenti ha dato mandato quindi ad Agnelli e Claudio Lotito, due “nemici” su alcuni fronti, di trattare con Infront e adesso siamo quasi arrivati ad un accordo, soddisfacente per i club. Anche se non dovrebbero portare a casa tutto quello che speravano. Vediamo nel dettaglio: Infront, l’advisor della Lega, aveva proposto un minimo garantito di 900 milioni l’anno per i primi tre anni (dal 2015 al 2018) e di 930 milioni a stagione per il triennio successivo. Totale, 5 miliardi e 490 milioni di euro. I club avevamo rilanciato: un milione l’anno per i primi triennio, 1,150 per quello successivo. Totale, 6,450. Adesso l’accordo dovrebbe essere trovato intorno ai 6 miliardi. Soddisfatti Agnelli e Lotito? I due mediatori non si pronunciano, rispettando il loro mandato: ma dovrebbero essere “moderatamente” contenti viste le difficoltà del mercato anche televisivo. E l’assemblea di Lega, prima di Natale, dovrebbe ratificare la pace raggiunta. E’ stato importante, come detto, rompere gli schemi: dialogare con le tv, capire dove si era sbagliato in passato e dove si potevano trovare margini migliori di sviluppo ( sul mercato estero, ad esempio: il range di guadagno è da 120 a 400 milioni a stagione, molto ampio, ma bisognerà garantire un prodotto sempre più credibile, non stadi vuoti e violenza). Molti club sono legati a Infront, che ha di sicuro il suo sponsor più forte nel Milan. Sky, per bocca del suo ad Andrea Zappia, ha garantito un impegno sempre maggiore nel calcio ma pretende, giustamente, di avere a disposizione un prodotto sempre più forte, credibile, pulito. Molto c’è da lavorare ancora. Ma Agnelli e Lotito, la strana coppia (così fu battezzata), hanno ottenuto, stanno ottenendo, un risultato quantomai prezioso di questi tempi, che consente a loro, e ai loro colleghi, di guardare al futuro con maggiore fiducia e, soprattutto, di poter programmare da qui al 2021. Ma adesso bisognerà mettere mano anche alle carenze tipiche ormai del nostro calcio. Gli stadi, ad esempio, e il merchandising. Gli stadi: solo tre sono di proprietà. Dopo la Juve, apripista, ecco l’Udinese e adesso si è aggiunto anche il Sassuolo, con patron Squinzi che ha acquistato lo stadio di Reggio Emilia. Buon segno. Altri club si stanno muovendo: domani Palotta ne parla col sindaco Marino. La Roma ci crede: ha il progetto (quasi) pronto, dopo aver esaminato decine e decine di locations. Inter e Milan si stanno guardando intorno, il Napoli ne discute col sindaco de Magistris. Ma troppi club non spendono un centesimo per rendere più accoglienti i loro stadi (con la scusa che non sono loro ma dei Comuni): tutti i soldi dei diritti tv finiscono nel mercato, o chissà dove. Ora sembra che la legge-stadi venga ridiscussa alla Camera, e il governo presenti un emendamento scritto meglio rispetto a quello bocciato (giustamente) di recente. Merchandising: ci vuole una legge che protegga i marchi, il proliferare delle magliette taroccate crea enormi danni ai club (ma anche all’Erario). Il governo Letta se n’è reso conto: speriamo in bene. Per ora siamo alla fase delle promesse.

Giannandrea Contieri

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