DIRETTORE DI PERIODICO ON LINE NON È TENUTO AL CONTROLLO DEI CONTENUTI

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La corte di cassazione, con la sentenza del 28 ottobre 2011, n. 44126, affronta la quaestio della responsabilità penale del direttore di un periodico on line per l’omesso controllo dei commenti lasciati dai lettori.
La disciplina della responsabilità penale del direttore di un periodico è stata modificata dalla legge n. 127 del 4 marzo 1958, con la quale si procedeva alla modifica dell’art. 57 cod. pen. e all’introduzione, nel codice, dell’art. 57 bis, relativo ai reato commessi col mezzo della stampa non periodica. Il nuovo testo dell’art. 57 cod. pen. prevede che “salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare del contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita
per tale reato, diminuita in misura non eccedente il terzo”.

Così come configurata la responsabilità del direttore o del vicedirettore del periodico è una responsabilità per fatto proprio omissivo, discendente dall’inosservanza dell’obbligo di controllo sul contenuto del periodico da lui diretto. Il reato di cui all’art. 57 cod. pen. configura un vero e proprio reato di agevolazione colposa, nel quale il comportamento omissivo del direttore concorrente acquista rilievo se qualificato dalla colpa nelle sue varie fattispecie (ovvero imprudenza, negligenza, imperizia, inosservanza di leggi) e se in connessione causale con l’avvenuta pubblicazione criminosa, da considerarsi quale evento del reato stesso.
La condotta, dunque, è omissiva, concretandosi nell’inosservanza della specifica regola di condotta prescritta nella norma, ovvero non aver attivato i dovuti controlli, sul contenuto del periodico, per impedire che, con il mezzo della pubblicazione, siano commessi reati.

Per quanto riguarda le pubblicazioni su internet, la vicenda in commento trae origine dalla pubblicazione di un “post” diffamatorio da parte di un lettore, a margine di un articolo pubblicato su un settimanale on line. Il tribunale di Bologna, in primo grado, condannava il direttore del periodico per aver omesso il controllo necessario ad impedire la commissione del reato di diffamazione aggravata. La corte d’appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado. La suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione della configurabilità o meno dell’art. 57 cod. pen. in capo al direttore di un periodico on line. Due sono i temi fondamentali: da una parte, la possibilità o meno di applicare al direttore di un periodico on line il regime penalistico previsto dalla legge n. 47 dell’8 febbraio 1948 (recante le “disposizioni sulla stampa”) e, dall’altra, quello della possibilità, da parte del direttore di un periodico on line, di effettuare concretamente un controllo, al fine di impedire la realizzazione dei reati commessi con il mezzo della stampa.
L’applicabilità o meno della disciplina di cui alla legge n. 47 dell’8 febbraio 1948 al direttore del periodico on line dipende fondamentalmente dalla possibilità di ricomprendere le pubblicazioni di internet nel concetto di stampa. La questione è già stata affrontata dalla suprema Corte con la sentenza n. 35511 del 16 luglio 2010 dove si rilevava che l’art. 1 della legge sulla stampa reca la definizione di “stampa”, stabilendo che “sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”. È possibile, dunque, enucleare un concetto di “stampa in senso giuridico” che condiziona l’applicabilità o meno della disciplina della legge sulla stampa.
Dalla definizione dell’art. 1 della Legge n. 47 dell’8 febbraio 1948 emergono due condizioni, che devono contemporaneamente ricorrere, affinché possa parlarsi di “stampa”, ovvero: 1) che sussista una riproduzione tipografica; 2) che il prodotto dell’attività tipografica sia destinato alla pubblicazione attraverso una effettiva distribuzione tra il pubblico.
Ciò premesso, le analogie tra la stampa tradizionale e le pubblicazioni su internet sono evidenti tuttavia si osserva che le pubblicazioni su internet non consistono in riproduzioni su più supporti fisici di uno stesso testo redatto in originale al fine della distribuzione presso il pubblico. La diffusione del contenuto del periodico on line avviene non tramite la materiale distribuzione del supporto fisico in cui è inserito, ma piuttosto tramite la visualizzazione del contenuto attraverso i terminali collegati alla rete. Manca, altresì, il requisito teleologico della destinazione alla pubblicazione, a nulla rilevando la circostanza che il contenuto del periodico on line possa essere copiato e riprodotto, ovvero stampato dai lettori. La riproduzione su supporto fisico, invero, oltre che meramente eventuale, non è finalizzata alla distribuzione, essendo successiva alla pubblicazione.
Le pubblicazioni in internet non possono, dunque, essere ricomprese nel concetto di stampa in senso giuridico.
L corte rileva anche come non sia possibile per il direttore della testata impedire la pubblicazione di commenti diffamatori: il direttore di un periodico on line, invero, non può controllare e censurare preventivamente i commenti aggiunti dai lettori agli articoli pubblicati sul settimanale, in quanto non può sapere cosa verrà pubblicato.
Ne discende che l’art. 57 cod. pen. non può applicarsi con riferimento a tali situazioni, in quanto costringerebbe il direttore ad una attività impossibile ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita. Né alcun rilievo può avere, ai fini della responsabilità di cui all’art. 57 cod. pen., la circostanza che il direttore possa svolgere una verifica successiva delle inserzioni già avvenute. tale interpretazione, sostenuta dalla corte d’appello di Bologna, comporta, invero, una modifica della fattispecie normativa del’art. 57 cod. pen., sanzionando una condotta diversa da quella tipizzata dal legislatore, e comportando, quindi, una inammissibile analogia in malam partem.

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