Scattano i licenziamenti all’agenzia Dire, i colleghi s’infuriano e proclamano due giorni di sciopero. È scontro totale tra l’editore e i giornalisti. In mezzo, le reazioni della politica e del sindacato. Innanzitutto i fatti. La società editrice dell’agenzia Dire ha disposto quindici licenziamenti tra i giornalisti in forza alla redazione. Ma i colleghi si sono immediatamente riuniti in assemblea e hanno scelto di indire due giorni di sciopero. E lo hanno fatto con parole durissime: “Nonostante quasi due anni di pesanti decurtazioni degli stipendi dovuti al ricorso agli ammortizzatori sociali, infatti, si è arrivati alla firma di un verbale di mancato accordo fra azienda, associazioni di stampa e comitato di redazione in riferimento alla procedura di licenziamento collettivo avviata dalla proprietà a fine settembre e giudicata fin da subito irricevibile e immotivata dall`assemblea dei redattori e dalle associazioni di categoria”. Ma non basta perché i giornalisti di Dire entrano a gamba tesa: “Le giornaliste e i giornalisti della Dire ritengono incomprensibile la volontà dell’azienda di voler procedere con un piano di licenziamenti poco prima che si completi la riforma delle agenzie stampa messa in campo dal dipartimento dell’Editoria di Palazzo Chigi”. Già, il tema della riforma. A pochi metri dal traguardo, l’editore di Dire dispone quindici licenziamenti. Inaccettabile per i giornalisti: “Tale riforma, che comprenderà anche i bandi verticali che si svolgeranno nella prima parte del 2024, porterà nuove risorse pubbliche all’azienda che, invece di tutelare i posti di lavoro, sceglie di massimizzare i risparmi tagliando il numero dei giornalisti, prevedendo così il licenziamento di 15 colleghi, e contrastando lo spirito stesso della riforma. Un errore che rischia di condizionare il futuro dell’agenzia Dire che, da 35 anni, rappresenta una delle più importanti voci nel panorama dell’informazione primaria in Italia”.
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