Bianco e nero, o con noi o contro di noi. Non si dissente nel Movimento 5 stelle. Beppe Grillo lo ha ribadito solo pochi giorni fa. Puntando il dito on line contro un consigliere del suo movimento in Emilia-Romagna, “colpevole” di avere presentato una risoluzione in difesa dei lavoratori dell’Unità, di cui conosce le attuali difficoltà legate anche alla riduzione dei fondi per l’editoria. Il tema infatti è tabù, chi riceve contributi pubblici per Grillo è «un cane da guardia dei partiti» tout court.
E a «chi la pensa diversamente» l’ex comico detta: «Il Pdmenoelle lo accoglierà a braccia aperte». Così il diretto interessato, Andrea Defranceschi, incassa: la risoluzione viene riformulata citando anche altre situazioni nel panorama editoriale. Ma insieme accusa: «Valuterò nei prossimi giorni, a mente fredda, se mi trovo ancora a mio agio in questo Movimento. Sono stato esposto al pubblico ludibrio, e non penso di meritarmelo». Il 27 dicembre Defranceschi presenta un testo perchè la giunta regionale «si impegni per l’Unità», che evidentemente non giudica così “nemica”.
Il 28 qualcuno segnala il fatto a Grillo, il quale non contatta il suo consigliere ma lo minaccia di fatto di espulsione via blog. Seguono per giorni, lì e sul sito dei grillini dell’Emilia-Romagna, post che grondano insulti come «traditore», che pretendono le dimissioni immediate di Defranceschi perchè ha agito «contro il mandato degli elettori», all’Unità sull’esempio di Grillo si augura la chiusura «se non sa stare sul mercato da sola». Lo stesso mercato che l’ex comico mette invece nel mirino nelle vesti di banche, che non erogano più prestiti agli imprenditori esponendoli al rischio di ricorrere agli strozzini della criminalità organizzata. Lo stesso mercato che come sinonimo di globalizazzione viene attaccatto in difesa delle ragioni dei comitati No Tav.
Ma se si parla di informazione, benvenga il mercato a fare tabula rasa di voci sgradite. Così Grillo sul suo blog: se l’Unità non vende abbastanza «chiuda i battenti. Il 2012 non sarà del tutto negativo. Porterà in dono anche la chiusura di molti giornali finanziati con soldi pubblici, veri cani da guardia dei partiti. Giornali che ci hanno attaccato prima ancora che esistessimo o che hanno taciuto le nostre iniziative». Un livore non proprio imparziale, dunque. Per inciso: il mercato editoriale italiano non risulta propriamente equilibrato.
La presenza di Berlusconi al governo, la Tv a giocare la parte del leone nella raccolta pubblicitaria, il diktat del’ex premier contro chi investiva in questo giornale hanno prodotto effetti che non si cancellano da un giorno all’altro con il cambio dell’esecutivo. L’ex comico poi non si sofferma sui contenuti su cui ogni giorno l’Unità accende i riflettori. Né si scaglia contro i milioni – pure pubblici – che testate ben più importanti ricevono come contributi per stampa e carta.
Nella pioggia di commenti in rete qualcuno tenta a dire il vero di entrare nel merito del finanziamento pubblico ai giornali. E c’è chi contesta il “metodo”del leader (« Andrea ha sbagliato a non essersi sentito prima con Beppe per come stendere la risoluzione ma Beppe ha sbagliato a scrivere un post del genere senza sentire prima Andrea»; o ancora: «Chi oggi chiede le dimissioni di Defranceschi per un odg si presenti alle assemblee, esprima possibilmente in modo civile il proprio dissenso e voti»).
La maggioranza dei post però si fa aggressiva, Defranceschi lunedì 2 rivede il testo. Ma insiste: la risoluzione «era volta a tutelare i diritti dei lavoratori dell’Unità, giornalisti e non, abbiamo sollevato il caso come quello del circuito locale È-tv Rete 7, della Maserati o della Ferrari». Quindi lo sfogo: «Se fare politica in rete diventa come stare nel cortile di condominio, se certe obiezioni arrivano con malizia per rancori personali questo non aiuta il Movimento. È una brutta pagina della nostra storia, che impone una riflessione».
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