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Digital Service Act è in vigore, ecco cosa impone agli Ott

Il Digital Service Act è entrato in vigore. Ecco cosa cambierà o, almeno, quali saranno i nuovi obblighi e le misure da adottare. E, soprattutto, chi dovrà adottarle.

Il nuovo regolamento Ue si rivolge a diciassette piattaforme individuate tra gli Over the Top digitali operanti in Europa. In particolare, si tratta di Alibaba AliExpress, Amazon Store, Apple AppStore, Booking.com, Facebook, Google Play, Google Maps, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter (X), Wikipedia, YouTube e Zalando. Oltre a loro, nel mirino delle autorità Ue ci sono anche Google e Bing, due dei maggiori motori di ricerca.

La prima preoccupazione dell’Europa riguarda la moderazione dei contenuti. È previsto un automatismo per la rimozione di “contenuti illegali” e fake news, imposto un freno all’attività dei bot. Le piattaforme saranno direttamente responsabili nei confronti degli utenti. Le condizioni di utilizzo dovranno essere semplificate e proposte in ciascuna lingua utilizzata all’interno dei 27 Stati membri. Gli annunci pubblicitari dovranno essere chiaramente etichettati e resi riconoscibili.

Stop alla profilazione e via la pubblicità basata su dati sensibili, individuati nelle origini etniche, l’orientamento sessuale e le opinioni politiche. Basta pubblicità mirata ai bambini. Dovranno essere inoltre rafforzate le tutele a favore dei minorenni sul web, implementando nuove misure per la privacy e il parental control. Le piattaforme, in ossequio al Digital Service Act, dovranno inoltre presentare ogni anno un piano di valutazione del rischio sui pericoli legati alla salute pubblica, specialmente quella mentale. Le piattaforme saranno sottoposte a controlli indipendenti regolari, non soltanto dalle autorità dell’Ue.

Chi sgarra paga. E pagherà fino al 6% del proprio fatturato annuale. In caso di ulteriori errori e violazioni può scattare il divieto di operare e lavorare in Europa.

Luca Esposito

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