Il Tribunale di Milano ha condannato il direttore di Panorama, Giorgio Mulé, a 8 mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena, in un processo con al centro una presunta diffamazione ai danni del procuratore di Palermo, Francesco Messineo, in relazione ad un articolo del 2010 pubblicato sul settimanale. Condannato a un anno di carcere anche un altro giornalista, Andrea Marcenaro.
La notizia è stata riportata oggi da “Il Giornale”, dove compare anche un editoriale del direttore Alessandro Sallusti sulla vicenda.
Sallusti, lo scorso autunno, era stato condannato in via definitiva per diffamazione di un altro magistrato, Giuseppe Cocilovo, a 14 mesi di reclusione dalla Cassazione ed è finito anche agli arresti domiciliari. A Sallusti, poi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva concesso la grazia.
Nel processo milanese Mulé era imputato per omesso controllo in relazione alla presunta diffamazione contestata a Marcenaro, autore dell’articolo su Messineo dal titolo “Ridateci Caselli”. Il giudice monocratico di Milano, Caterina Interlandi, ha anche disposto un risarcimento di 20mila euro a favore del procuratore di Palermo.
La sentenza è di primo grado, quindi, prima che la pena diventi definitiva dovrà superare il vaglio della Corte d’Appello di Milano e della Cassazione.
Com’era prevedibile, la decisione dei togati meneghini ha scatenato forti reazioni nel mondo politico. In particolare negli ambienti del centrodestra, anche se non sono mancate prese di posizione da parte di taluni esponenti del centrosinistra.
Per l’ex ministro Mariastella Gelmini:“la vicenda ha dell’incredibile”. “Un silenzio assordante – continua la vicecapogruppo vicario del Pdl alla Camera Deputati – accompagna questo attacco strumentale alla libertà di stampa: dove sono i presunti paladini della stampa libera, ora che non si parla di intercettazioni? E dove sono i soloni dell’informazione che si stracciano le vesti?”. “Dove si calpestano i diritti dei giornalisti non c’è stampa libera, non c’è un Paese libero” conclude la Gelmini.
“Quanto è avvenuto è sconcertante” rilancia il parlamentare Fabrizio Cicchitto, collega di schieramento della Gelmini, secondo il quale: “E’ in atto un attacco senza precedenti alla libertà di stampa. Esso viene fatto in maniera obliqua. Si tratta di una variante estrema dell’uso politico della giustizia. Mentre quando si parla di intercettazioni, ecco allora che i presunti paladini della libertà di stampa fanno sentire la loro voce, quando ad essere nel mirino è la stampa di centrodestra, ecco che immediatamente piomba il silenzio su di una sentenza di primo grado che riguarda due giornalisti di ‘Panorama’ rei di avere raccontato cosa succede nella Procura di Palermo”.
Duro, durissimo anche il commento di Renato Brunetta, ex ministro del governo Berlusconi: “Ci aspetteremmo che efficienza, rapidità e severità siano la regola e non l’eccezione applicata quando si tratta di perseguire il presidente Berlusconi, punire i giornalisti di area, colpevoli di aver toccato magistrati, difendere l’operato dei colleghi. Perché sono i cittadini italiani ad aver diritto ad una giustizia che davvero funzioni bene. Ed è per questo che una radicale riforma è necessaria e urgente”. Sulla stessa falsariga l’affondo di Maurizio Gasparri (Pdl), vicepresidente del Senato, che reputa “incredibile la sentenza di condanna ad un anno di carcere per il giornalista di Panorama Marcenaro e ad otto mesi per il direttore Mule”. Alla base della decisione, aggiunge l’ex esponente di Alleanza Nazionale: “ci sarebbe non un falso, non una notizia non vera, bensì un reato di opinione. Il delitto? Aver osato esprimere un parere circa la politicizzazione dei magistrati della procura di Palermo, dimenticando che lo stesso procuratore capo Messineo aveva espresso parole dure sugli ‘schieramenti di carattere ideologico’ in cui è divisa la procura palermitana”. Secondo Gasparri, la condanna “è assurda, ancora più grave perché non viene applicata la condizionale. Altro che bavaglio. Si vogliono i giornalisti in carcere appena osano toccare la casta dei magistrati”. Infine la nota di Ernesto Carbone del Pd: “La libertà di informazione è cartina tornasole dell’agibilità democratica di un Paese. A volte accade che per eccessivo amore di scoop qualche giornalista scriva cose sbagliate, imprecise e diffamanti. Esiste la rettifica a norma di legge. Quando invece si tratta di fatti accertati, dove sta la diffamazione? Al netto di opinioni spesso diverse, al direttore di Panorama Mulè e alla intera redazione va la mia totale solidarietà”.