Con 308 sì l’Aula della Camera ha approvato in prima lettura la proposta di legge in materia di Diffamazione. I voti contrari sono stati 117, 8 gli astenuti. A votare a favore sono stati Pd, Pdl (con il dissenso di Gianfranco Chiarielli), Scelta civica, Udc (con il dissenso di Angelo Cera) e Lega Nord. Hanno votato contro, Sel e M5S. Ora il testo è atteso all’esame del Senato.
Dunque niente più carcere per i giornalisti in caso di reato di ingiuria o diffamazione a mezzo stampa, ma una multa da 5.000 a 10.000 euro. Tuttavia, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, si applica una multa da 20.000 a 60.000 euro. E’ questo l’aspetto più rilevante della proposta di legge in materia di diffamazione che, prendendo spunto da quella presentata dal deputato del Pdl Enrico Costa e da quelle di altri parlamentari.
Alla condanna è associata la pena della pubblicazione della sentenza. In caso di recidiva, vi sarà anche l’interdizione da uno a sei mesi dalla professione. Ma la rettifica sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità.
La modifica apporta dalla proposta di legge è sostanziale perché oggi la sanzione per la diffamazione a mezzo stampa è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con una multa non inferiore a 516 euro, secondo l’articolo 595 del Codice penale.
Un’altra novità del testo riguarda l’ambito di applicazione della legge che coinvolgerà anche le testate giornalistiche online registrate presso le cancellerie dei tribunali mentre escluderà i blog. Per il delitto di diffamazione commesso mediante comunicazione telematica è competente il giudice del luogo di residenza della persona offesa. Nella proposta di legge che contiene quattro articoli viene modificato anche l’istituto della rettifica, previsto dall’articolo 8 della legge 47 del 1948. Le dichiarazioni o rettifiche delle persone offese devono essere pubblicate senza commento. Tale obbligo è esteso anche alle testate giornalistiche online che devono pubblicare la rettifica entro 2 giorni dalla richiesta (come i quotidiani cartacei) con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia rettificata. Per quanto riguarda le trasmissioni televisive e radiofoniche la rettifica deve essere effettuata entro 48 ore dalla richiesta e con le stesse caratteristiche della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. In caso di mancato adempimento, l’interessato può trasmettere la richiesta all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
La rettifica inoltre viene estesa alla stampa non periodica. Mentre prima l’autorità alla quale rivolgersi in caso di mancata pubblicazione della rettifica era il pretore, adesso è il giudice che ha il compito di ordinare la pubblicazione adottando un provvedimento d’urgenza.
Si modifica anche la sanzione amministrativa per la mancata o parziale ottemperanza: l’attuale importo di 15 milioni di lire fino a un massimo di 25 milioni è sostituito da 8.000 euro a 16 mila. Il nuovo testo della proposta di legge introduce novità sul risarcimento del danno.
La commissione Giustizia ha soppresso il limite del risarcimento del danno patrimoniale ed ha previsto che, nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con il mezzo della stampa, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, nonché dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica. Il provvedimento modifica inoltre le responsabilità del direttore anche delle testate radiotelevisive e online. Il direttore risponde dei reati commessi a mezzo stampa se questi sono la conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza. La pena è ridotta di un terzo e non si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione.
Il direttore può delegare la vigilanza a uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di controllo e la delega deve risultare da atto scritto e accettata dal delegato. In caso di querela temeraria, il querelante può essere condannato al pagamento di una somma da mille a 10mila euro in favore delle casse delle ammende. Con la nuova norma, non solo il giornalista professionista ma anche il pubblicista potrà opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti.
Infine anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere ma aumenta la multa (fino a 5mila euro per l’ingiuria e 10mila per la diffamazione) che si applica anche alle offese arrecate per via telematica. La pena pecuniaria è aggravata se vi è attribuzione di un fatto determinato. Risulta abrogata l’ipotesi aggravata dell’offesa a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.
“Mettiamo fine ad un anacronismo, quello della carcerazione per i giornalisti, che riecheggia culture incompatibili con la democrazia costituzionale”. Così in Aula il presidente del gruppo Misto, Pino Pisicchio, autore della prima proposta di legge di riforma della diffamazione, ha commentato l’approvazione del provvedimento. ”Certo, si poteva fare di più – ha aggiunto il vicepresidente di Centro Democratico – si poteva porre l’istituzione di un Giurì d’onore per evitare la giurisdizionalizzazione dei contrasti tra giornalista e cittadino, così come sarebbe stato utile approfondire i temi relativi all’uso delle nuove tecnologie della comunicazione. Torneremo a porre il tema sul piano di una proposta organica. Oggi accontentiamoci di un passo”.
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