Alla viglia del nuovo avvio dei lavori in Senato sul ddl diffamazione arriva la condanna a due anni di reclusione per Pasquale Clemente, direttore del Roma. I vertici della Fnsi: “L’aspetto sconcertante riguarda la condanna al carcere del giornalista, in applicazione di una norma fuori dalla storia”
Condannato in primo grado a due anni di reclusione per diffamazione a mezzo stampa. Questa la sentenza che ha colpito il direttore del Roma, quotidiano partenopeo, Pasquale Clemente. A darne notizia è il sito del Sindacato Unitario dei Giornalisti della Campania dove si legge che se la sentenza non verrà ribaltata in Appello (a meno che non si arrivi alla prescrizione) “un altro giornalista andrà in cella per aver scritto quello che pensa”.
La decisione del Tribunale di Nola fa riferimento a una querela di Pasquale Giuliano, all’epoca dei fatti magistrato e senatore, per un articolo pubblicato dalla Gazzetta di Caserta. Il direttore del giornale era proprio Clemente.
Il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e il segretario del sindacato dei giornalisti della Campania, Claudio Silvestri, non hanno fatto mancare fin da subito il loro supporto al direttore del Roma. Attraverso una nota hanno spiegato che “non è accettabile e neanche degna di un Paese civile la sentenza con cui il tribunale di Nola ha condannato a due anni di reclusione il direttore del quotidiano Roma, Pasquale Clemente, riconoscendolo colpevole di diffamazione a mezzo stampa nei confronti del già parlamentare e magistrato Pasquale Giuliano”.
I vertici del sindacato nazionale e regionale dei giornalisti sottolineano in particolare un aspetto di questa vicenda: “senza entrare nel merito della vicenda, che risale ai tempi in cui Clemente dirigeva la Gazzetta di Caserta l’aspetto sconcertante riguarda la condanna al carcere del giornalista, in applicazione di una norma, quella dell’articolo 595 del codice penale, ormai fuori dalla storia, ma sulla cui cancellazione, più volte auspicata dagli organismi internazionali, il Parlamento non solo continua a tergiversare, ma immagina addirittura forme di inasprimento, come dimostra la norma recentemente approvata in commissione Giustizia al Senato”.
Lorusso, Giulietti e Silvestri non chiedono impunità o tutele speciali per i giornalisti. Ma “il carcere rappresenta una misura sproporzionata, oltre che una forma surrettizia di bavaglio all’informazione. È per questo necessario che riprenda al più presto l’esame della proposta di legge volta a cancellare le pene detentive per i giornalisti e che si abbia il coraggio di istituire il giurì per la lealtà dell’informazione, a tutela del diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Al collega Clemente, la solidarietà e la vicinanza del sindacato dei giornalisti italiani”.
La sentenza del Tribunale di Nola arriva mentre al Senato sta per riaprirsi il dibattito sul ddl diffamazione, da domani, che prevede un inasprimento delle pene. In particolare, sottolinea ancora il sito del Sugc, la proposta di legge si sofferma sui casi di diffamazione a mezzo stampa “nei confronti di magistrati e politici, due categorie alle quali appartengono lo stesso querelante e il giudice che sentenziato la condanna del direttore del Roma”.