Va detto che si trattava del mio terzo libro per Mondadori (cui nel frattempo ne è seguito un quarto) e che già in precedenza c’erano state delle grane legali, come spesso succede a chi non scrive libri di cucina: alcune cause erano finite bene e altre erano finite meno bene. Mai Mondadori, però, si era sognata di esercitare questa opzione che tutti i contratti – ripeto, tutti i contratti ad autori e giornalisti – in linea teorica permettono di utilizzare. È una cosa che, semplicemente, si tende a non fare: gli editori in genere si fanno carico dei rischi, e nel caso di un libro, in particolare, i tempi di pubblicazione permettono di soppesare e ricontrollare un testo anche per intere settimane prima che si vada in stampa. Ricordo le infinite discussioni con l’ufficio legale Mondadori, e certo non le ricordo solo io. Spesso i direttori di giornale vengono condannati per «omesso controllo» perché non riescono a leggersi l’intero quotidiano prima che partano le rotative: ma per una casa editrice è diverso, c’è tutto il tempo, e nel caso di Mondadori c’è un nutrito studio legale che se ne occupa. Come si dice: visto, si stampi. Ora però arriva questa mazzata: ed è paradossale. Mondadori, cioè, chiede soldi a un suo autore per un libro che ha acconsentito a pubblicargli, oltretutto non privo, il libro, delle modifiche e degli aggiustamenti che la stessa Mondadori riteneva dovessero evitarle guai giudiziari. Però un giudice ha condannato lo stesso: chi ne risponde? Non la casa editrice coi suoi legali, che pure dovrebbero capirne e che a processo hanno difeso le proprie ragioni: ne risponde solo l’autore, lasciato solo. Ora: sarebbe interessante annunciare che si tratta di una nuova policy aziendale di Mondadori – prima casa editrice italiana – e che perciò riguarderà tutti i suoi numerosi e importanti autori. Sarebbe una notizia. Ma non è neppure così.
È peggio. Da quanto assicurano fonti interne, e da quanto è pure evidente, il criterio è meramente discrezionale: Mondadori non è certo intenzionata a chiedere soldi ad altri remunerativi e più noti autori che abbiano perso delle querele, come pure è accaduto; i soldi, a Segrate, li chiedono soltanto ai calibri medio-piccoli, insomma a quelli che a fronte di cause giudiziarie non garantiscano più un sufficiente ritorno economico. E io – parentesi – ho cercato di scriverla in maniera diplomatica, e ho cercato, soprattutto, di evitare ogni dietrologia che possa scaturire da qualsiasi criterio che colpisca un autore anziché un altro: ma la tentazione sarebbe forte. Ora che succederà? Non credo che sia interessante solo per me, perché nell’editoria l’aria che tira è fatta anche di questo. Sono un autore Mondadori da 16 anni, ma, a fronte di un contenzioso, probabilmente non lo sarò più. E perché? La sintesi è incontestabile: non ho venduto abbastanza copie.
(Filippo Facci)
Link: http://www.liberoquotidiano.it/news/11650946/Che-accade-se-gli-editori-ci.html
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