Una legge che tuteli libertà e reputazione. Severino: «Il carcere non serve. Meglio le sanzioni disciplinari e la rettifica». La Fnsi e le associazioni categoria concordano.
«Serve una riforma complessiva. E bisogna farla in fretta. Il decreto legge sarebbe una toppa». Lo ha affermato ieri il ministro della Giustizia, Paola Severino, al convegno organizzato dalla Fnsi.
Il caso Sallusti ha smosso le acque stagnanti della legislazione italiana sulla stampa. Di certo in casi simili accaduti a giornalisti meno noti, non si è fatto lo stesso. Meglio tardi che mai. Una riforma delle legge che punisce la diffamazione a mezzo stampa era necessaria. L’Italia, infatti, è l’unico paese europeo che prevede il carcere.
Ora il governo, di concerto con le associazioni di categoria, sembra intenzionato a riformulare una volta per tutte le regole. E bisogna farlo in fretta. Il 26 ottobre scade la sospensione della pena, di 30 giorni, concessa dalla Cassazione. È ormai noto che Sallusti non ne approfitterà per chiedere, come potrebbe, le misure alternative: servizi sociali, semilibertà, domiciliari. Per il direttore de Il Giornale sarebbe un’inaccettabile “compromesso”: «Non ho bisogno di essere rieducato, e non sono un pericolo per la società».
Le idee di fondo su come agire sono chiare. «Il carcere in casi di diffamazione non può servire né come riparazione, né come risarcimento, né come rieducazione. È assolutamente inadeguato a questo tipo di reato. Ma oggi c’è una forte volontà di cambiare la legge», ha affermato la Severino.
Ci sono poco più di 20 giorni per arrivare ad un disegno organico. In casi “normali” sarebbero pochissimi. Ma ora bisogna agire in fretta. La soluzione alternativa, ventilata anche nei giorni scorsi, sarebbe un decreto legge. Tuttavia la Severino è fiduciosa nei lavori parlamentari: «Il decreto legge è un’ipotesi secondaria».
Nella riformulazione della legge sembrano tutti d’accordo: coniugare la libertà di espressione e la tutela della reputazione. Ministro, Fnsi, Fieg, Ordine, e Consiglio d’Europa sono uniti per salvaguardare entrambi i diritti. E i metodi ci sono: «Mezzi molto efficaci sono anche quelli disciplinari, come sospensione e interdizione», ha affermato il ministro. E poi «c’è da rivalutare la rettifica, indispensabile per coniugare legalità e informazione. In effetti al diffamato – continua la Severino – non interessano i soldi e tantomeno la galera per il giornalista, ma il ripristino della reputazione». A meno che non si voglia fare una operazione di intimidazione, ma questo sarebbe un altro discorso.
I lavori parlamentari procederanno velocemente. Oggi saranno illustrati 2 testi, presentati da Li Gotti (Idv) e da Chiti (Pd) – Gasparri (Pdl). Anche la discussione generale avverrà in data odierna. Domani o venerdì il termine per gli emendamenti. Nelle Camere ci sarà tanto materiale da valutare. L’obiettivo è lo stesso, ma ci sarà bisogno, probabilmente, di un’opera di mediazione. Male che vada c’è sempre l’ipotesi decreto legge.
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