Pubblichiamo sul nostro sito una sentenza della Cassazione Civile risalente al 31 ottobre 2014. Il provvedimento riguarda la lesione del diritto alla riservatezza in relazione al contenuto di un’intervista giornalistica. Parti in causa sono il giornale “L’Ora” e l’azienda GMC s.r.l. In un articolo della testata si denigrano le qualifiche del presidente del Cda della società. La Corte d’Appello ha condannato il giornale al risarcimento dei danni. La Corte di Appello ha ritenuto “fortemente offensivo… il commento del giornalista laddove… non si limita a riportare la laurea conseguita dall’imprenditore e a sottolineare l’insuccesso del predetto nell’attività imprenditoriale, nonostante il titolo conseguito in un’università prestigiosa, ma, con l’accenno alla frequentazione del predetto di quartieri notoriamente malfamati, evidentemente accusa il medesimo di condotte illecite o che rasentano l’illecito, offendendone l’onore e la reputazione”. Per la Cassazione la motivazione in secondo grado offre una lettura plausibile della frase e ne afferma – nel significato che ad essa attribuisce – l’idoneità ad offendere l’onore e la reputazione del presidente.: si tratta di un accertamento di fatto che, in quanto sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici, risulta incensurabile in sede di legittimità. Col secondo motivo il ricorrente si duole che la Corte non abbia considerato che l’articolo pubblicato riportava il contenuto di un’intervista, cosicchè “il limite della verità” doveva “essere riferito non alla rispondenza dei dati forniti dall’intervistato alla verità fenomenica, ma al fatto che l’intervista si sia effettivamente svolta e che i concetti o parole riportati siano effettivamente rispondenti a quanto dichiarato dalla persona intervistata”, con l’ulteriore conseguenza che il giornalista che abbia riportato opinioni manifestate in termini critici non subisce limiti al proprio diritto di cronaca ove sia rimasto “neutrale rispetto alle esternazioni del soggetto interrogato”. In base all’orientamento della Cassazione la divulgazione di una notizia lesiva della reputazione può essere considerata lecita e come tale rientrante nel diritto di cronaca quando: 1) i fatti esposti sono veri, 2) vi è un interesse pubblico alla conoscenza del fatto, 3) vi sia correttezza formale dell’esposizione che non travalichi lo scopo informativo”. Ritiene il Collegio che, quando la cronaca abbia per oggetto immediato il contenuto di un’intervista, il requisito della verità vada apprezzato in termini di corrispondenza fra le dichiarazioni riportate dal giornalista e quelle effettivamente rese dall’intervistato, con la conseguenza che, laddove non abbia manipolato o elaborato le predette dichiarazioni, il giornalista non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall’intervistato, semprechè ricorra l’ulteriore requisito dell’interesse pubblico alla diffusione dell’intervista. Nella fattispecie non è controversa la sussistenza dell’interesse pubblico alla diffusione dell’intervista (valutato, ovviamente, in relazione al circoscritto ambito territoriale cui era rivolta la cronaca locale) e non risulta posta in dubbio la fedeltà del testo pubblicato alle dichiarazioni rese dall’intervistato. Leggi sentenza:
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