Giurisprudenza, il giornale telematico e la responsabilità del direttore di testata

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La testata giornalistica telematica, tradizionalmente assimilabile a quella cartacea, rientra nella nozione di stampa di cui all’art.1 della legge 47/1948, in quanto si tratta di prodotto editoriale sottoposto alla normativa di rango costituzionale e di livello ordinario, che disciplina l’attività di informazione professionale diretta al pubblico. Il giornale telematico, dunque, sia se riproduzione di quello cartaceo, sia se unica e autonoma fonte di informazione professionale, soggiace alla normativa sulla stampa, perché ontologicamente e funzionalmente è assimilabile alla pubblicazione cartacea. E’ la massima che deriva dalla sentenza Cassazione Penale 13398, 11/12/2017, riportata da Franco Abruzzo sul suo sito ufficiale.
Il giornale telematico è, infatti, un prodotto editoriale, con una propria testata identificativa, diffuso con regolarità in rete; ha la finalità di raccogliere, commentare e criticare notizie di attualità dirette al pubblico; ha un direttore responsabile, iscritto all’Albo dei giornalisti; è registrato presso il Tribunale del luogo in cui ha sede la redazione; ha un host provider, che funge da stampatore, e un editore registrato presso il ROC. Pertanto dalla riconducibilità della testata giornalistica telematica alla nozione di “stampa”, consegue la sottoposizione di tale particolare forma di “giornale” alla relativa disciplina di rango costituzionale e di livello ordinario. Ad essa, pertanto, si estendono non solo le garanzie costituzionali a tutela della stampa e della libera manifestazione del pensiero previste dall’art. 21 Cost., ma anche le disposizioni volte ad impedire che con il mezzo della stampa si commettano reati, tra le quali particolare rilievo assume il disposto del citato art.57 c.p., che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, estende la sua portata anche ai casi di pubblicazione di un articolo non firmato, da ritenersi, in assenza di diversa allegazione, di produzione redazionale, dunque, riconducibile al direttore responsabile. In base al dettato della sentenza 15004/2012 il direttore di organo di stampa è titolare di una posizione di garanzia, protesa a tutelare l’interesse diffuso prevenendo la lesione dell’altrui reputazione . Pertanto, la brevità del pezzo non permette di restringere il grado di responsabilità del direttore né gli consente ambiti di trascuratezza: la carenza di firma dell’informazione, anzi, induce a supporre un diretto e più stringente controllo al riguardo, divenendo immediato il titolo di coinvolgimento del preposto al giornale verso i destinatari di eventuali resoconti diffamatori.
Risulta, pertanto, superato il contrario orientamento della giurisprudenza di legittimità, che escludeva la responsabilità del direttore di un periodico on-line per il reato di omesso controllo, principalmente per l’impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, nonchè per l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori “postati” direttamente dall’utenza .
La Cassazione ritiene che non possa essere invocata come causa di esclusione della responsabilità ex art.57 c.p., del direttore responsabile di una testata giornalistica on-line, la circostanza che l’articolo contenente espressioni diffamatorie sia stato “postato” in forma anonima, quando, come nel caso in esame, l’articolo, lungi dall’essere un commento ab externo di un lettore, si presenti come contenuto redazionale, sia pure inserito non firmato dal suo autore, all’interno della pubblicazione telematica, come si evince dalla documentazione allegata al ricorso. Tale modalità di inserimento nel corpo della testata lascia presumere, infatti, la possibilità da parte del direttore responsabile di operare un controllo preventivo sul contenuto del giornale, che, altrimenti, ove non operasse alcun filtro, sarebbe esposto alla indiscriminata pubblicazione di ogni sorta di articolo diffamatorio, diventando un efficace strumento per la consumazione di reati a mezzo stampa.
Il provvedimento della Cassazione si inserisce nel solco di altri relativi alla figura del direttore di testata. Nel novembre 2016 la Cassazione ha chiarito che la responsabilità del direttore per pubblicazione diffamatoria è a titolo di colpa e non di responsabilità oggettiva. Questo ascrive al giudice l’obbligo di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto inidoneo il controllo esercitato dall’agente, avendo riguardo al contenuto dell’articolo pubblicato e al comportamento del suo autore. Anche un’altra sentenza della Cassazione Penale, risalente al gennaio 2017, certifica la responsabilità del direttore per omesso controllo sul materiale denigratorio pubblicato. In base a tale pronuncia l’omissione si ha per: mancata verifica della fondatezza delle informazioni, dell’esistenza del mittente e della riferibilità dello stesso per lo scritto fatto pervenire in pubblico. La stessa Cassazione Penale, nel settembre 2017, ha affermato che il direttore di periodico online può concorrere nella diffamazione commessa mediante pubblicazione di articolo a firma anonima. In questo caso servono, però, il consenso e l’adesione al contenuto dello scritto diffamatorio.

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