Diffamazione. Costa (Fieg):” bene l’abolizione del carcere per i giornalisti”. Ma siamo sicuri che sia una buona legge?

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Il logo della Fieg
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“L’abolizione del carcere e la non punibilità dei giornalisti in caso di dichiarazioni o rettifiche sono importanti risultati della proposta di legge sulla diffamazione. Sono, invece, da rivedere le disposizioni sulla competenza territoriale e sulla procedura per l’eliminazione di contenuti diffamatori dal web , le modalità delle rettifiche e le multe di importo troppo elevato”. È il giudizio espresso dal Presidente degli editori, Maurizio Costa, illustrando i contenuti dell’audizione della Fieg presso la Commissione giustizia della Camera svoltasi nell’ambito dell’esame della proposta di legge in materia di diffamazione. “Il provvedimento costituisce un importante intervento legislativo che, in massima parte, riesce a bilanciare – ha affermato il Presidente degli editori – diversi diritti di rango costituzionale: le libertà di informazione, di espressione, di critica, di cronaca e i diritti della personalità e, in particolare, il diritto all’onorabilità.Gli editori esprimono apprezzamento per il lavoro del Parlamento destinato a rimediare ad una situazione non più sostenibile con una media di 400 procedimenti all’anno nei soli tribunali di Roma e Milano, oltre due miliardi di euro di richieste risarcitorie negli ultimi 10 anni e una durata delle cause di almeno 9 anni”. Gli editori auspicano, poi, che si rivedano i limiti ancora presenti nel testo. In primo luogo, ha concluso Costa, occorre rivedere, per i giornali on line, “la competenza territoriale basata sulla residenza della persona offesa, che determinerebbe la proliferazione dei procedimenti penali, tanti quanti i luoghi di residenza dei diffamati, con preoccupanti ricadute sulle possibilità di difesa.” Ma veniamo ai dettagli. Per una previsione assurda come il carcere, che viene eliminata, si alza il tetto delle multe fino a diecimila euro per una diffamazione semplice e da 10 a 50 mila per una diffamazione “avvenuta con la consapevolezza della falsità”, come se davvero ci fossero in giro solo cronisti che deliberatamente cercano di mettere in giro notizie false.  Il prezzo del carcere eliminato si paga con la gabbia carceraria delle nuove rettifiche. “Senza commento, senza risposta, senza titolo”. Così la legge impone che siano. Qualcuno smentisce quello che hai scritto e tu devi piazzare in pagina e sul tuo sito la smentita senza poter dire, come oggi, neppure un “mah”…Niente, tutti dovranno attenersi a questa regola. Che ha perfino un time limit: tutto va pubblicato “non oltre due giorni dalla ricezione della richiesta”. Ci si aspetterebbe almeno che una norma così rigida comportasse se non altro la garanzia che, una volta pubblicata la rettifica, il soggetto in questione non presenti anche querela o una richiesta di risarcimento danni. Ma questa garanzia, a vantaggio della stampa, non è stata prevista. Sarà un caso? Sicuramente no. In compenso, è previsto che se la rettifica non è stata pubblicata come vuole il presunto diffamato si apra la via del ricorso al giudice. Il quale può accogliere l’istanza e ordinare non solo la pubblicazione, ma anche irrogare una sanzione amministrativa e, non contento, mandare pure le carte all’ordine professionale “per le determinazioni di competenza”. Stiamo parlando dell’avvio della procedura per una possibile sospensione del collega per alcuni mesi. Di tutto questo il maggiore responsabile sarà il direttore della testata, che diventa l’ombrello di tutti i possibili ricorsi, non solo per gli articoli firmati, ma anche per quelli anonimi.

Ecco il Testo di Legge in discussione

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