Stampato il testo del disegno di legge del M5S sulla riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa. Basta carcere per i giornalisti e giro di vite per contrastare le cosiddette querele temerarie: in caso di rigetto totale, chi ha citato in giudizio il cronista dovrà versargli il risarcimento che lui stesso aveva preteso.
La riforma presentata dai Pentastellati, a firma della deputata Mirella Liuzzi, regge su due colonne.
Il primo riguarda la depenalizzazione della diffamazione: l’attuale normativa dispone che ‘nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500.000’. La proposta M5S prevede invece una multa massima di 10mila euro e la pena accessoria della pubblicazione della sentenza. Viene inoltre modificato l’articolo 57 del codice penale.
Il secondo è invece dedicato al contrasto alle cosiddette querele temerarie, un vero e proprio “bavaglio” che negli anni ha causato non pochi problemi ai giornalisti e alla stessa magistratura, intasata da cause quantomeno “evitabili”.
La proposta di legge dispone: “Nell’ambito dei giudizi di risarcimento del danno per fatti illeciti connessi alla violazione dell’onore, della reputazione o dell’immagine, anche commerciale, il giudice, quando rigetta, anche parzialmente, la domanda risarcitoria, condanna l’attore, anche d’ufficio, a versare al convenuto o a ciascuno dei convenuti un importo non inferiore, nel caso di rigetto integrale della domanda, alla metà del danno richiesto e, nel caso di rigetto parziale, alla metà della differenza tra il danno eventualmente accertato e quello richiesto”.
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